Un matrimonio ideale e altre novelle - Luigi Pirandello -
recensione a cura di Patrizia Zara
Luigi Pirandello è impossibile da non amare. Non mi stanco mai di leggerlo. È
un interprete straordinario di un linguaggio che si rinnova a ogni lettura:
diretto e capace di trasmettere l’angoscia—più o meno esplicita—dei suoi
personaggi senza filtri ipocriti o fuorvianti. Il tutto avvolto in un turbinio
di flussi di coscienza, tra allegoria, umorismo e bizzarria.
Nessuno, proprio nessuno, ha saputo descrivere il teatrino delle esistenze come
lui. Pedine scomposte su una scacchiera, frantumate nella loro fragile e
apparente unicità. Impossibile eguagliarlo, imitarlo, figuriamoci superarlo. E,
nonostante il tempo e il progresso, la sua opera resta di una modernità
sconvolgente.
Le sette novelle raccolte in *Un matrimonio ideale* sono ciascuna straordinaria
a modo suo. Il filo conduttore? Il rapporto coniugale e gli elementi amaramente
unificanti di ogni storia: l’assenza d’amore, la mancanza di felicità,
l’incomprensione, l’incapacità di coniugare ciò che è con ciò che si porta
dentro.
La vita è un impasto di farsa e commedia degli equivoci, un miscuglio sorretto
dal "sentimento del contrario", da cui deriva un incredibile gioco di
umorismo scenico. Tra il grottesco e il bizzarro si insinua il dramma.
Mi ricorda quando, alle medie, a fine anno si metteva in scena una delle favole
più famose in lingua francese o inglese ("Cenerentola",
"Biancaneve"...) e si assegnavano i ruoli. Avrei voluto essere la
principessa indifesa, con lo sguardo dolce e puro di un cerbiatto ferito. Mi
sentivo così.
E invece, ahimè, la mia statura fuori dall’ordinario, i lineamenti forti e
mediterranei, gli occhi neri, le sopracciglia arcuate, le labbra sottili, mi
condannavano sempre a interpretare la strega cattiva o la regina dispotica. Ma
come far capire che detestavo quei ruoli? Gli altri mi vedevano così, e c’era
poco da fare.
A un certo punto mi sono arresa, adattandomi. Ho creduto fosse il mio destino,
la mia maschera, la mia etichetta sociale. Eppure dentro di me continuavo a
domandarmi: perché l’esteriorità non combaciava con l’interiorità? Perché
ognuno vede ciò che vuole, secondo i canoni imposti dalla società, incasellando
tutto in etichette? Non lo comprendevo allora, e non lo comprendo neppure ora.
Del resto, nulla è cambiato: quanti attori portano il loro personaggio più
famoso sino alla tomba, perdendo ciò che erano stati realmente? Mi viene in
mente, così estemporaneamente, "Rock Hudson", per chi se lo ricorda.
> "Era una spina, questa, per la signora Rossana: il concetto, cioè,
che tutti, non il marito soltanto, s’erano formato di lei, ch'ella fosse
esagerata.
> Questo concetto dipendeva, a suo credere, dalla disgrazia comune a tutta
la famiglia, la soverchia altezza.
> Della sua, la signora Rossana aveva un dispetto acerbo e smanioso, perché
le impediva di essere, come avrebbe voluto e come dentro di sé si sentiva, una
gattina sentimentale. Così lunga soffriva, soffriva tanto; ma nessuno voleva
credere ai suoi languori, alle sue sofferenze; e tutti, sorridendo, le
rispondevano: - Via via, signora Rosanna, esagerazioni!" ("Un
matrimonio ideale")
Grandioso, immenso Pirandello. Genio assoluto nel ridicolizzare il cerimoniale
delle convenzioni e del conformismo, nel disintegrare certezze, verità assolute
e realtà visiva.
Nessuno, proprio nessuno, è davvero qualcuno. Ognuno di noi può essere
centomila volti in uno—e nessuno. Riflessi di un’identità che si specchia in un
mare infinito di solitudine.
Le sette novelle:
1. Un matrimonio ideale
2. Tutto per bene
3. Prima notte
4. Pensaci, Giacomino!
5. Quando s’è capito il gioco
6. Stefano Giogli, uno e due
7. L’uscita del vedovo
genere: narrativa
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