venerdì 16 maggio 2025

TATA'

 




Tatà – Valerie Perrin -

recensione a cura di Lilli Luini

 

È il 2010 quando Agnés, regista di fama, riceve una telefonata. Una voce la informa che sua zia Colette Septembre è stata ritrovata morta nella sua casa di Gueugnon, il piccolo villaggio francese da dove ha origine la famiglia. La nipote pensa a uno scherzo, o a un errore, perché zia Colette è già morta da tre anni, ma non è così e allora parte per Gueugnon decisa a svelare il mistero. Inizia così una narrazione lunga oltre 600 pagine, in cui incontriamo tanti personaggi e le loro storie, dagli anni della Seconda Guerra Mondiale fino al nuovo millennio.

L’autrice lo dichiara a chiare lettere, è sicura che tutti hanno una storia, anche le persone che a prima vista sembrano non averla, come zia Colette, calzolaia in un villaggio, una vita specchiata, unico hobby la passione per la squadra di calcio locale. E tutte queste storie lei ce le racconta, quasi un intero paese in un unico libro.

Il punto di forza di questo romanzo, il quarto che leggo della Perrin, sta nella gioia di raccontare che si respira a ogni pagina, una capacità narrativa che si traduce in una scrittura trascinante e di ottimo livello.

Ma c’è un rovescio della medaglia. In queste pagine c’è di tutto. Andando per ordine cronologico, Shoah, povertà, genitori disfunzionali, morti premature, bambini abusati, omosessualità nascosta, violenza familiare, adulterio, abbandono, crimine e ovviamente Colette che si fa credere morta. Sembra quasi un feuilleton, insomma, che si legge bene, certo, ma sollevando spesso il sopracciglio per l’incredulità. Colpi di scena, coincidenze che hanno dell’incredibile, troppo cattivi i cattivi, troppo buoni i buoni, una volontà di non dimenticare nessuno al punto che, ormai alla fine del libro, l’autrice introduce due personaggi fin lì completamente assenti accreditandoli di azioni assurde.

Insomma, dei quattro romanzi di Perrin letti finora, questo secondo me è il più debole. Manca un punto cardine della sua narrativa, ovvero la solida costruzione psicologica dei personaggi, negli altri libri molto forte, qui sacrificata per dare spazio agli eventi (tanti, troppi) e ai personaggi (tanti, troppi). Mancano anche, mi permetto di aggiungere, i guizzi di originalità a cui l’autrice ci ha abituati perché, alla fin fine, la quadratura del cerchio è un dejà vu in mille romanzi e in mille film, tanto che io c’ero arrivata a tre quarti della vicenda.

Detto questo, è un libro leggibile e godibile, che intrattiene e fa scorrere le pagine una dopo l’altra purché non si pretenda troppo.


genere: narrativa

anno di pubblicazione:2024


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