lunedì 24 marzo 2025

EVA DORME

 





Eva dorme – Francesca Melandri -  

recensione a cura di Lilli Luini

 

Questo, a mio parere, è uno dei più belli tra i romanzi italiani degli ultimi 25 anni. 

Uscito nel 2010, viene riproposto da Bompiani proprio in questo primo scorcio d’anno.

La vicenda si svolge in Alto Adige e prende virtualmente il via nel 1919, quando – alla fine della Grande Guerra – la regione viene assegnata all’Italia. La popolazione è in massima parte di lingua tedesca e fin da subito mal accetta di essere divisa dall’Austria, considerata Heimat, il cui significato è un misto tra patria e casa. I libri di Storia non ci hanno mai parlato di quella terra, delle sue vicissitudini. Non ci hanno detto come, all’avvento del fascismo, Mussolini fa partire migliaia di italiani verso l’Alto Adige, perché si insediassero e italianizzassero quell’angolo di confine. Le leggi proibirono l’uso della lingua tedesca, negli uffici pubblici i residenti doveva compilare domande in italiano, chiedere informazioni in italiano, e nessuno glielo aveva insegnato. Non dimentichiamo che erano tempi in cui l’analfabetismo era quasi la norma, soprattutto in valli remote.

Agli altoatesini venne post un aut aut: o si italianizzavano o lasciavano tutto, il loro maso, le loro terre e si trasferivano in Austria. Molti andarono via, altri rimasero e tra questi la famiglia Huber, contadini poverissimi. Ed è la loro storia che la Melandri racconta sullo sfondo delle vicende politiche  del territorio, dalle incomprensioni tra residenti e immigrati, passando per il terrorismo (prima le bombe ai tralicci, poi gli agguati a poliziotti e carabinieri, con molti morti che sono stati dimenticati) fino agli accordi per l’autonomia della provincia di Bolzano e il riconoscimento del bilinguismo, accordo perseguito da Silvius Magnago, presidente e fondatore del SudTirolen Volkspartei e Aldo Moro, allora Presidente del Consiglio. Una ricerca storica impeccabile, quella della Melandri, che va a colmare le lacune sulla storia del nostro paese.

Ma il valore di questo libro non è solo storico, è anche letterario.

La vicenda di Gerda Huber, ragazza madre negli anni 60 e di sua viglia, la Eva del titolo, è narrata su due piani temporali. Quella di Gerda, in terza persona al passato, segue al tempo stesso la vita della protagonista e quella della sua terra in ordine cronologico.

Quella di Eva è in prima persona al presente, mentre percorre tutta l’Italia, dal paese nelle valli, dov’era tornata per trascorrere la Pasqua con la madre, fino a Reggio Calabria, la città dell’unico uomo che lei abbia sentito “padre”. Vito Anania è stato per qualche anno il compagno di Gerda e le ha amate profondamente, ricambiato. Poi è sparito, ad Eva non è mai stato spiegato il perché e lei ha convissuto con quella mancanza per oltre trent’anni. Se ne accorge nel momento in cui riceve la telefonata: Vito sta morendo e vuole rivederla. Eva molla tutto e parte, senza avvisare né la madre né Carlo, l’uomo di cui da 11 anni è l’amante segreta.  

Il racconto e i pensieri di Eva scorrono insieme all’Italia e la sua capacità di osservare e vedere oltre le cose rendono queste pagine intense come poche volte mi è capitato. 

Insomma, c’è molto, in questo libro: c’è l’Italia fascista che tendeva a risolvere i problemi con soluzioni invasive, e c’è l’Italia bigotta che invece i problemi li nascondeva sotto al tappeto, o fuori dalla porta, come è per Gerda, giovanissima, incinta e scacciata, nello stesso anno in cui Mina partorì il suo, di figlio, e venne allontanata dalla Tv per lo scandalo. La stessa Italia che, decenni dopo, confina l’omosessualità nel ghetto e nella vergogna. C’è l’Italia delle bombe, quella delle stragi, della strategia della tensione.

C’è un mondo, in questo romanzo, un mondo che non dobbiamo dimenticare.

E c’é tanta passione nel raccontare, che rende la scrittura avvincente e ti trascina via.


genere: narativa

anno di pubblicazione: 2010

 

 


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