mercoledì 26 marzo 2025

LEZIONI DI LETTERTURA RUSSA





 


Lezioni di letteratura russa - Vladimir Nabokov –

recensione a cura di Patrizia Zara



“Il vero passaporto di uno scrittore è la sua arte” V. N.

Comincio subito con il dire che le lezioni dell’“acribioso” professore universitario di letteratura russa, alias lo scrittore Vladimir Nabokov, quello di Lolita per intenderci, mi sono piaciute tantissimo.
Originalità, Inventiva, Esuberanza, Ardore ecco come posso riassumere la lettura. Mai, dico mai, un momento, un secondo, un microsecondo di noia.
Nondimeno, lo dico con cognizione di causa, per apprezzare le pagine ricavate dalle lezioni americane del prof. Nabokov, bisogna, in primis, stare al gioco del singolare accademico: sedersi morbidamente e serenamente nel banco e lasciarsi incantare dalle sue parole, dalle sue battute, dalle sue allusioni, dalle sue provocazioni, lasciarsi rapire dalle sue interpretazioni irresistibili, dalle sue esaltazioni (mirabile il suo Tolstoj) e dalle sue stroncature (dinamico il conflitto con Dostoevskij). Soltanto così si possono apprezzare le sue incomparabili lezioni, il cui approccio risulta del tutto individuale sganciato dalle consuetudini, dalla didattica e dalle mode della critica letteraria, sulla grande letteratura russa dell’Ottocento, reputata l’epoca d’oro e che ancora oggi viene considerata unica per la composita struttura narrativa, per lo stile sanguigno e per la vocazione naturale verso la giustizia civile.
In seguito lo studente/lettore può anche dissentire su alcuni punti perché è pronto, avendo appreso le chiavi di lettura ovvero ha acquisito il metodo nobokiano che lo farà entrare nella quiddità dell’opera, per sentirsi parte dinamica e intraprendente dell’opera stessa con grande soddisfazione del nostro professore che ha raggiunto il suo scopo:  con le sue enfatiche e meticolose lezioni ha scrostato la patina di provinciale mediocrità che ne impediva la condivisione attiva e personale.
Con la lettura di “Lezioni di letteratura russa” i lettori apprenderanno, anche, dall’ardita ma genuinamente passionale voce del prof. Nabokov che la lettura dei grandi classici, e della buona lettura in genere, non insegna a vivere: l’aspetto prosaico dell’esistenza è innegabile e incancellabile anche se i bisogni esistenziali si riducono allo stretto indispensabile. Del resto non è questo lo scopo della letteratura, non ha alcun fine di sublimare esistenze o sottolineare grandezze e neppure inviare espliciti messaggi sociali, politici e psicologici “la letteratura non riguarda qualcosa, ma è la cosa in se stessa, la quiddità”.  E' in questo ultimo punto che lo scontro con Dostoevskij è, a mio avviso, inevitabile.
L’approccio, o forse è meglio dire lo studio, delle belle opere letterarie con lo scopo di non tralasciare nulla onde evitare di non trovare l’essenza, il punto strategico che gli autori baciati dalla genialità del talento hanno plasmato nei dettagli e nelle parole creando immagini universali, può abbattere muri e sconfiggere il tempo. Insomma la buona e bella letteratura scorteccia la maschera di un filisteismo compiaciuto – oggi, ahimè, così dilagante -, mettendo a nudo la qualità di rinnovarsi e di reinventarsi in virtù di ciò che l’ingegnoso passato ci ha regalato.
Quindi godiamoci Nikolaj Gogol, Ivan Turgenev, Fëdor Dostoevskij, Lev Tolstoj, Anton Cechov, Maraim Gor’kij dalla viva voce dell’esuberante professione Nabokov che generosamente ci mette a disposizione la propria competenza creativa rendendoci partecipi ascoltatori, nella speranza di suscitare ciò che chiamava “la fitta alla spina dorsale” o “la scintilla sensoriale”, e insegnarci a rinvenirli nella vita di tutti i giorni, negli incantesimi della natura oltre che in quelli dell’arte.
Un consiglio: “Lezioni di letteratura russa” è un libro, a mio avviso, indicato a chi conosce almeno un’opera degli scrittori suindicati.

"... perché come la famiglia universale degli scrittori di talento supera le barriere nazionali, così il lettore dotato è una figura universale, non soggetta a leggi spaziali o temporali. È lui - il buon lettore, l'eccellente lettore - che ha salvato più e più volte l'artista dalla distruzione per mano degli imperatori, dei dittatori, dei preti, dei puritani, dei filistei, dei politici, dei poliziotti, dei direttori delle poste e dei pedanti. Mi si permetta di definire questo ammirevole lettore. Non appartiene a una nazione o a una classe specifica. Non c'è direttore di coscienza o club del libro che possa gestire la sua anima. Il suo modo d'accostarsi a un'opera di narrativa non è determinato da quelle emozioni giovanili che portano il lettore mediocre a identificarsi con questo o quel personaggio e a "saltare le descrizioni". Il buon lettore, o il lettore ammirevole, non s'identifica con il ragazzo o la ragazza del libro, ma con il cervello che quel libro ha pensato e composto. Non cerca in un romanzo russo informazioni sulla Russia, perché sa che la Russia di Tolstoj o di Cechov non è la Russia della storia ma un mondo specifico immaginato e creato da un genio individuale. Al lettore ammirevole non interessano le idee generali; ma la visione particolare. Gli piace il romanzo non perché gli permette di inserirsi nel gruppo (per usare un diabolico luogo comune delle scuole avanzate); gli piace perché assorbe e capisce ogni particolare del testo, gode di ciò che l'autore voleva fosse goduto, sorride interiormente e dappertutto, si lascia eccitare dalle magiche immagini del grande falsario, del fantasioso falsario, del prestigiatore, dell'artista. In realtà, di tutti i personaggi creati da un grande artista, i più belli sono i suoi lettori."


anno di pubblicazione: 1980

 

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