giovedì 6 marzo 2025

BAMBINO





 

Bambino - Marco Balzano -

recensione di Miriam Donati

 

Marco Balzano ha dichiarato di aver voluto scrivere questo romanzo partendo da un luogo e da un ruolo di protagonista rovesciato: non più vittima, ma carnefice.

Il luogo è Trieste. Terra di confine, crogiuolo di lingue, etnie, religioni, nodo nevralgico di culture, commerci, miscuglio di odi e amori vecchi e nuovi, principale porto dell’impero austroungarico imbevuto di spirito mitteleuropeo. Confine caldo negli anni del fascismo e della guerra dove furono annunciate le leggi razziali e dove aveva sede la Risiera di San Sabba, città contesa, scenario delle atrocità prima dei fascisti, poi dei nazisti e infine dei titini. E a Trieste, anche lei protagonista di questo libro, Bambino, il personaggio principale riserva un amore incondizionato.

Mattia Gregori nasce a Trieste nel 1900. Secondogenito di un orologiaio, fin da piccolo ha un carattere scontroso e ribelle, è irrequieto e rissoso. Alla vigilia della prima guerra mondiale, Adriano, il primogenito, emigra in America e successivamente anche il migliore amico, Ernesto, abbandona Mattia. Sul letto di morte la madre Tella gli confessa che la sua vera madre è una sconosciuta con cui il padre ha avuto una relazione. Da ferita insanabile, la rivelazione diventa per lui un’ossessione devastante. Nel desiderio spasmodico di rintracciare chi sia la madre diventa fascista sperando di approfittare di una rete di relazioni che lo aiuti a scoprirne finalmente l’identità che il padre non vuole rivelare. Nemmeno una vecchia fotografia conservata dal padre gli permette di individuarla e questo gli crea oltre che delusione una rabbia che sfocia in violenza verbale e fisica sugli innocenti che incontra sul suo percorso: li deruba, li picchia, li umilia. Preferisce farsi temere come capomanipolo dagli squadristi che comanda e di cui non diventa amico che farsi benvolere. Nonostante il soprannome “Bambino” che gli è attribuito per il volto glabro, ostenta una ferocia e una brutalità che nasconde inquietudine, fragilità e bisogno d’amore. Un adulto che non riesce a uscire dalla condizione di bambino, come si definisce lui stesso attraverso la lingua tagliente di Balzano mentre combatte in Albania: “Ero davvero un bambino di quarant’anni, non abbastanza vecchio per evitare il fronte, ma non così giovane per costruirmi una famiglia”.

Sono queste espressioni sincere che fanno sì che il lettore si affezioni nonostante tutto a un protagonista così odioso che, in una lettera all’amico Ernesto che è diventato partigiano, confessa: “…non ho mai avuto degli ideali, tu invece sì. Chissà perché alcuni li hanno, altri no”.

Accanto a comportamenti violenti, atroci e brutali si accompagnano i pensieri per la madre, per la matrigna Tella, per una prostituta che rivelano un acuto desiderio di amore e un candore inaspettati. Una purezza legata anche al padre Nanni, certo che il figlio si possa alla fine riparare come gli orologi che lui aggiusta. Non approva le scelte del figlio, sta dall’altra parte, i fascisti gli hanno devastato il negozio, eppure non chiude mai la sua porta, non lo esclude, non lo rinnega, lo protegge sempre. Ha cercato con pazienza e precisione di insegnargli il proprio mestiere senza riuscirci e ogni volta che Mattia torna, lo accoglie. 

Passano gli anni e Mattia parte volontario per l’Albania lasciando il suo passato di squadrista e conosce una nuova realtà fatta di freddo, gelo, fame, stenti e ordini inutili, odiando comandanti e generali, perfino lo stesso Duce e, rientrato in Italia, per sopravvivere, si dedica al mercato nero sfruttando ancora una volta i più deboli. Dopo l’armistizio con l’occupazione tedesca di Trieste diventa delatore per conto dei nazisti consegnando ebrei, comunisti e oppositori. Partecipa a violenze, spedizioni punitive in Slovenia, esecuzioni davanti alle foibe più per inclinazione naturale alla violenza che per credo. Quando nel 1945 arrivano le truppe di Tito a liberare la città viene arrestato e inviato al capo di Borovnica dove, aggiustando un orologio del comandante, riesce a salvarsi da morte certa per fame e stenti, ma ancora una volta fa il delatore per i servizi segreti jugoslavi. Si rifugia con i documenti falsi procuratigli dal padre in una malga veneta dove lavora per mesi iniziando un percorso di rinascita. Al rientro a Trieste è però è catturato dai partigiani sloveni. Ormai ha capito che la violenza non porta alla giustizia e di non aver diritto al perdono.

Balzano ha creato un personaggio duro, complesso nella sua ferocia, lontano dagli stereotipi, con un’inquietudine profonda che non trova mai vero sfogo nemmeno nelle gesta più efferate, in una discesa all’inferno sempre più profonda: “Ho ucciso e fatto uccidere. Ho sempre cercato di stare dalla parte del più forte e mi sono sempre ritrovato dalla parte sbagliata.”

Con una scrittura affilata, trascinante, serrata, che alterna descrizioni e riflessioni questo romanzo storico e di formazione recupera il tema civile della memoria e indaga il rapporto tra individuo e collettività, le scelte personali e i rivolgimenti della Storia dove torti e ragioni si mischiano, ritrae uno squadrista della prima ora che si nasconde nel branco per aggredire e scansare le fatiche del lavoro e della guerra prendendo volutamente la strada della violenza.

Mattia nell’incipit dichiara che la sua infanzia è stata noiosa e interminabile, l’esatto contrario di come dovrebbe essere. Forse tutto è cominciato da lì.

 

Genere: narrativa

 Anno di pubblicazione 2024

 

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