Il Consolatore - Jostein Gaarder -
recensione a cura di Patrizia Zara
Dopo aver letto con piacere "Il mondo di Sofia" e "L'enigma del
solitario", non potevo non leggere questo romanzo. Jostein Gaarder ha, a
mio avviso, un modo di scrivere così ingegnoso che cattura l'attenzione sia per
come imbastisce la trama, sia per i temi trattati, sia per lo stile limpido e
genuino tipico delle persone erudite. Gaarder ha l'abilità di intrecciare
argomenti specifici, in questo caso la filologia e l'etimologia delle parole,
con i grandi interrogativi dell'esistenza, nel caso specifico con il
comunissimo e contraddittorio sentimento della solitudine.
L'outsider Jakop è un uomo particolarmente bizzarro, una persona eccentrica che
alcuni, a suo dire, definiscono addirittura un mostro. Ma Jakop è soltanto e
solamente un uomo solo, un estraneo che non fa parte di una trama sociale
perché non appartiene a nessun gruppo: "non ho figli o nipoti, né fratelli
o sorelle o genitori vivi". Tuttavia, possiede l'abilità nel creare storie
di presunte amicizie: "ma ho parole vive che escono dalla mia bocca, e in
loro posso vedere chiaramente un vero e proprio pullulare di parentele che
coprono tutta l'area linguistica indoeuropea dall'Islanda allo Sri Lanka, e per
di più per un periodo storico che si estende su oltre seimila anni".
Le stranezze del nostro professore poggiano le basi in un profondo senso di
alienazione involontario, trascinandolo nella mancata aggregazione sociale, e
si manifestano nel suo alter ego Pelle e nei suoi presunti legami d'amicizia
con illustri defunti.
"...mi piacciono le madri e i padri, i figli e le figlie, i cognati e le
cognate, i cugini e le cugine, i nipoti e le nipoti, le zie e gli zii. Godo del
calore e del senso di appartenenza che provo trovandomi in prossimità di questi
legami famigliari. Assaporo tutti i ruoli e le relazioni e mi scopro a
invidiare quelli che vengono dal di fuori e tutt'a un tratto vengono fatti
entrare tra quegli indistruttibili legami famigliari".
Originale la trama anche se, devo ammetterlo, alcuni passaggi non hanno la
stessa intensità dei due romanzi sopracitati e il finale lascia alquanto a
desiderare: l'autore sembra aver forzato la mano con la storia di Agnes, la
psicoterapeuta che il protagonista incontra nella veglia funebre della sorella
di lei e con la quale imbastisce uno strano rapporto epistolare.
E spesso la figura di Jakop non suscita alcuna compassione a causa della sua
insistente ricerca dei legami linguistici. Nondimeno, l'amico intimo, Pelle, è
di una stravolgente dolcezza che inevitabilmente irradia il solitario e strambo
professore: del resto non potrebbe non farlo!
Così vediamo un uomo vestito di nero consolare e consolarsi nel raccontare
storie di gente mai conosciuta, un professore parlare con se stesso in una
ricerca ossessiva dei legami tra quelle parole che hanno una storia lungo il
vagabondare di popoli erranti.
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2016
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