Cuore di ghiaccio - Almudena Grandes
Vanno
molto di moda le saghe delle famiglie. Personalmente ne ho un rigetto, come
sempre quando sono pubblicati libri che sembrano fatti su ordinazione.
Mi
appassionano invece le “grandi” storie” e per grandi intendo quelle inventate
con colpi di scena e intrecci avventurosi, probabilmente attinte dalla realtà
che ogni giorno ci stupisce. Sto attraversando un momento nel quale ho bisogno
di visionarietà legata però non a fantasie improbabili, ma concretezze
possibili.
L’aver
usato il verbo appassionarsi rimanda all’oggetto della recensione. Se devo
definire Cuore di ghiaccio ho trovato come qualificarlo: non è solo
appassionante, è soprattutto APPASSIONATO.
Nessuno
come Almudena Grandes sa raccontarci la storia di Spagna negli anni bui dalla
fine della Repubblica per tutto il periodo del franchismo fino ai giorni nostri
e in Cuore di ghiaccio lo fa attraverso la storia di due famiglie, per
l’appunto una saga, ma che saga! Niente a che vedere con gli smorti succedanei
attuali.
La
scrittura della Grandes è avvolgente, fluviale, unisce invenzione e fatti
storici al servizio di una passione civile e al servizio della memoria dei “perdenti”
per i quali ricostruisce un’epica, un confronto lucido con il passato poco
indagato durante la transizione alla democrazia quando ci sono state poche
analisi e pochi esami di coscienza.
Parla
in prima persona attraverso un personaggio maschile: Alvaro Carrión Otero, e
già questa è una scelta inusuale, e riesce, calandosi in un personaggio
maschile, a farcene appassionare – ecco ritorna il verbo di prima – perché
vorremmo veramente conoscerlo Alvaro, averlo davanti in carne e ossa, tanto ci
appare reale in tanti frangenti del racconto. Alla fine del libro è diventato
un moderno modello di riferimento.
Più
di 1000 pagine e se si aggiungono i moltissimi personaggi con il doppio cognome
sembra un’impresa impossibile arrivare alla fine. Inoltre la nostra Almudena
utilizza i capitoli alternando il racconto delle vicende attuali a quelle del
passato. Vi assicuro invece che tutto scorre come un fiume e i salti temporali
aiutano con il racconto del presente raccontato in prima persona ad alleggerire
il racconto cruento della guerra civile invece in terza persona come se fosse
un coro a narrarla e tutto si compenetra.
Andiamo
però per ordine.
Il
titolo del libro deriva da una poesia di Antonio Machado: “Difenditi dalle
domande, dalle risposte, dalle loro ragioni, o una delle due Spagne ti gelerà
il cuore. Il mio cuore era di ghiaccio e bruciava”
Le
date da ricordare sono tre: 1936 – 1939 – 1975. L’inizio e la fine della guerra
civile, la morte del Generalissimo e la fine della dittatura con la gioia dei
perdenti di quarant’anni prima e l’allarme dei sostenitori della dittatura, i
profittatori, i ladri, i delatori che temevano una resa dei conti.
Il
romanzo inizia al cimitero di Torredolones, vicino a Madrid, dove si sta
svolgendo la sepoltura dell’ottantatreenne uomo d’affari Juan Carrión Gonzales
alla presenza della moglie, dei cinque figli, dei numerosi nipoti e della
comunità anziana del paese. Appare fugacemente una giovane donna bruna, molto
bella che è notata da uno solo dei figli, Alvaro, che è l’unico ad assomigliare
fisicamente al padre. Quando Alvaro si reca in banca per decidere circa alcuni
fondi d’investimento appartenuti al padre riconosce nella consulente finanziaria,
Raquel Fernández Perea, la sconosciuta del cimitero che gli rivela essere stata
l’amante del suo defunto padre.
Da
qui in poi, poiché come dice l’autrice le storie spagnole finiscono sempre male,
si dispiegherà la storia delle due famiglie Carrión e Fernández contrapposte
come le due Spagne, una rossa e l’altra nera, in un groviglio di amore, odio, abiezione,
generosità, pietà, crudeltà, fame, assedi, fucilazioni e uccisioni e
soprattutto tradimenti, non solo delle grandi potenze, ma di ideali, di amici attraverso
settant’anni: dalla Russia della Divisione Azul alla Francia dei campi
d’internamento degli esuli spagnoli con il loro dolore, la loro nostalgia,
l’identità divisa dei loro figli, paragonabile a una sorta di diaspora. Le
differenze tra i capostipiti delle due famiglie, Julio e Ignacio, legati da un
filo inesorabile che li riunirà attraverso i loro nipoti sono tali da portarli
a un destino amaro in un affresco epico, drammatico e sentimentale.
Il
libro resta nella memoria del lettore come gli altri dell’autrice: La figlia
ideale, I tre matrimoni di Manolita, I pazienti del dottor Garcia, Gli anni
difficili, Malena, un nome da tango, Troppo amore, I baci sul pane, etc. Spiace
che Almudena Grandes ci abbia lasciato, ci manca questa autrice letteraria e
popolare allo stesso tempo che ha scritto storie indimenticabili.
Genere
Narrativa
Anno di
pubblicazione 2007
In Italia
2008
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