La ballata di Adam Henry - Ian McEwan
Recensione a cura di Miriam Donati
Fiona Maye, giudice dell'Alta Corte britannica in servizio presso la litigiosa Sezione Famiglia, è sposata da trentacinque anni con lo stesso uomo e senza figli, ha dedicato tutta la sua carriera alla composizione di dissidi familiari con un paziente esercizio di misura e sobrietà nella convinzione di "poter restituire ragionevolezza a situazioni senza speranza". Quando il marito Jack le dice che ha bisogno di un "ultimo giro passionale" ed extraconiugale, umiliata, ferita, "abbandonata agli albori della vecchiaia", Fiona cerca rifugio, come d'abitudine, nel caso che sta seguendo. È quello di Adam Henry, violinista dilettante, poeta in erba, diciassette anni e nove mesi, troppo pochi per decidere autonomamente della propria vita o della propria morte. Adam è affetto da una forma aggressiva di leucemia che richiede un trattamento immediato di trasfusioni rifiutato da lui e dai genitori.
La ballata di Adam Henry ha una scrittura nitida e accurata, sia nelle descrizioni minuziose
delle parti giuridiche sia nella definizione delle emozioni ed è una lettura
fluida, scorrevole e incisiva. Conduce nell'animo tormentato della
protagonista, mostrando cosa succede quando tutto quello su cui ha costruito la
propria vita frana improvvisamente, lasciandola fragile di fronte al futuro che
l’aspetta, cercando di ricostruire la propria identità. Il matrimonio, il
lavoro, i figli che non ha mai avuto perché prima "è troppo presto" e
un attimo dopo "è troppo tardi", le sentenze da scrivere, i viaggi da
organizzare, le udienze da fissare. Figura di un giudice chiamata a risolvere conflitti familiari
e decidere su casi che, come quello su cui si incentra la storia, mettono in
gioco la vita, la morte, la scienza medica, la religione e finiscono per
coinvolgerla in un particolare rapporto umano che, senza che lei ne impedisca
la crescita, si instaura con il giovane destinatario della sua sentenza. E questo metterà in discussione le sue certezze.
Tante
sono le variabili, i fattori morali, filosofici, giuridici, culturali, medici,
etici e quant’altro che subentrano nella riflessione sul caso e lo scrittore
non si sottrae all’esposizione di ogni punto di vista. E’ impossibile non
ragionare, non pensare, non schierarsi nel dibattito di un argomento così
delicato e divisivo. Dove sta il limite tra sfera privata e professionale e
soprattutto, fino a che punto la giustizia può interferire con le scelte
personali, soprattutto in campo sanitario? Alla fine Fiona opterà per il Children Act del 1989 (che dà anche il nome
al titolo inglese del libro) scatenando delle reazioni nel cuore e nella mente
di Adam a dir poco imprevedibili.
Il rapporto tra i due
protagonisti, la giudice e il giovanissimo paziente, è profondo e molto
complesso sul piano psicologico e umano: il ragazzo rappresenta per lei una
creatura vitale e creativa da preservare o, forse, la giovinezza perduta o il
figlio mancato. Per lui la donna è il punto di riferimento di fronte allo
smarrimento e lo sconcerto di fronte al mondo adulto che lo circonda. Lo
scrittore ci racconta la fragilità e sete di risposte degli adolescenti, il
desiderio di dare un "senso" alla propria vita e alle sue deviazioni
di percorso, ci racconta di come gli adulti, chiamati ad assumere decisioni
eticamente impegnative per sé e per gli altri, possano talvolta essere
impreparati ad affrontare ed esaudire quelle richieste di aiuto.
Il finale non è consolatorio, il pensiero della determinazione e della
tenerezza di Adam Henry continuano ad assillarci anche al termine della
lettura,
“Tutta
la vita e l’amore che il ragazzo ha davanti” citati nella sentenza si
riducono a poca cosa se questo amore non è totale e totalizzante e non comporta
un rischio da correre per l’altro.
Anno di pubblicazione 2014
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