mercoledì 9 agosto 2023

L'EREDITA' DI VILLA FREIBERG

 





L'EREDITA' DI VILLA FREIBERG - Romina Casagrande -

recensione a cura di Elisa Caccavale

Con questo romanzo Romina Casagrande ci regala una vicenda toccante che indaga su un aspetto noto, ma mai abbastanza sviscerato, celato tra silenzi colpevoli e volontarie rimozioni della Storia.

Il romanzo parte da fatti realmente accaduti in Alto Adige: le vicende che hanno visto protagoniste due donne e una villa di famiglia, e il mostruoso esperimento Aktion T4, il nome con cui si designa il programma nazista di eugenetica.

Le vicende che si intrecciano in questa narrazione sono molte: quelle di Bess, di Albert, di Emma, di Benjamin, di Kiki, di Frau Anna e suo marito Enea e molti altri; i fili della narrazione sono ben dipanati, ci si muove tra passato e presente con chiarezza e i fatti della Storia si fondono in modo armonioso con quelli della storia.

 La parte migliore del romanzo, nonché la più drammatica, è quella che ruota intorno alle vicende ambientate nel 1944 e alla storia di Benjamin, vittima innocente ed incolpevole della follia umana; parti che fanno stringere il cuore in una morsa di dolore, soprattutto pensando che quanto narrato in queste pagine è vero, è successo veramente a tanti bambini e bambine, ragazzi e ragazze, uomini e donne colpevoli solo di non rispondere a determinati canoni e le cui “vite senza valore” hanno trovato, per i nazisti, uno scopo solo nel loro renderli cavie; per poi mandarli a morire. Migliaia di persone i cui nomi sono andati persi nel vento e nel tempo.

Rispetto a questa linea narrativa l’altra, quella ambientata nel presente, perde un po’ di consistenza; i personaggi sono caratterizzati in modo piuttosto schematico, vivono emozioni forti e totalizzanti senza che le motivazioni psicologiche siano ben sviluppate e chiarite, alcuni personaggi restano sullo sfondo senza che si capisca fino in fondo il loro ruolo nella vicenda. Anche in questo caso la parte ambientata nel 1944 è migliore: l’autrice riesce a rendere vibranti i sentimenti del lettore nei confronti dei personaggi (Emma. Benjamin, Frau Anna, Enea …) senza eccedere in spiegazioni o caricare troppo i tratti caratteriali, che emergono comunque con forza (impossibile non detestare, ad esempio, Frau Anna, nonostante l’autrice non carichi mai il tono contro di lei).

Lo stile di scrittura è molto ricercato, poetico, sicuramente pregevole, anche se talvolta eccede un po’ troppo nell’autocompiacimento delle sue parole, a scapito della comprensione di certi passaggi importanti; alcune svolte rilevanti nello sviluppo della trama vengono lasciate piuttosto fumose, il lettore deve mettere una sua parte di interpretazione per colmare i buchi: questa è ormai una tecnica narrativa a cui siamo abituati (anche nell’ambito cinematografico) e che va per la maggiore. Come tutte le mode personalmente ritengo abbia un po’ stancato, preferirei un ritorno a libri che riempiano ogni spazio, che si concludano veramente, che portino il lettore verso un commiato definito e ben concluso; temo però che dovrò attendere ancora a lungo.

Ad ogni modo, in conclusione, un libro che si legge volentieri, ma soprattutto un libro importante che contribuisce a ridare voce e memoria a chi voce e memoria, per troppo tempo, non ha avuto.


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