Oggi nello spazio interviste abbiamo il piacere di ospitare
l’autrice Lilli Luini. Grazie per averci dedicato un po’ del tuo tempo.
Non ti nascondo che oggi sono molto contento. Finalmente
faccio quattro chiacchiere con un’autrice che negli anni ho sempre seguito con
curiosità ma che per un verso o per l’altro non sono mai riuscito a leggere per
quanto avrei voluto. Contrariamente al mio solito salterò a pié pari le domande
che chiamo “necessarie”. Ho visto una tua intervista su youtube fatta dalla
casa editrice per la quale scrivi ora dove praticamente rispondi alle stesse
domande che ti avrei fatto io quindi salto questo passaggio ed arrivo all’unica
domanda introduttiva che mi interessa: raccontaci un po’ di te, dove nasci e
vivi cosa fai nella vita oltre a scrivere romanzi e cosa ti ha spinto a fare
questo passo.
Vivo sul Lago Maggiore, sponda lombarda. Sono nata qui,
avrei voluto andarmene e invece è finita che sono rimasta. Vivo con mio marito
e due gatti. I nostri figli da tempo hanno lasciato il nido. Il maggiore vive e
lavora all’estero, il minore in Alto Adige. Da due anni sono in pensione, il
che rivela che tanto giovane non sono più. A scrivere ho cominciato per caso,
una ventina di anni fa. Era un momento complicato per me, di quelli che tutti
più o meno passano. Il lavoro non mi piaceva per niente (ero in Intesa San Paolo),
il posto in cui vivevo ancora meno, la mia pur bellissima famiglia non riusciva
a colmare i vuoti. Qualcuno che aveva imparato a conoscermi bene mi disse che
liberare la creatività che tenevo dentro era l’unica strada e mio marito mi
disse la stessa cosa. Io non ero così sicura di aver dentro una vena creativa
degna di questo nome. Accadde che proprio in quel periodo lessi On writing di
Stephen King e mi si aprì un mondo. Scoprii che tutte quelle storie che fin da
bambina mi raccontavo da sola non era sintomo di follia bensì era una modalità
condivisa da tutti i romanzieri. Ovviamente scriverle e diventare romanziere era
un’altra storia e richiedeva uno studio, ma scoprii che quello studio mi veniva
incredibilmente semplice, come se le basi le avessi sempre avute dentro. E così
è cominciata.
Ti faccio ancora qualche domanda prima di parlare
diffusamente del tuo ultimo romanzo: Qui i fiori non crescono. Sono curiosità
che sorgono spontanee guardando la tua ricca bibliografia. La prima (chissà
quante volte te l’hanno fatta) è perché solo nel 2020 hai sentito la necessità
di scrivere un libro da sola?
Scrivere è un’attività normalmente solitaria. Per anni scrivere
in due è stato molto divertente. Poi certe cose hanno cominciato a diventarmi
strette: le ambientazioni in Liguria, per dirne una. Il genere noir, per dirne
un’altra: io avevo voglia di cimentarmi nel poliziesco puro, che al mio socio
non interessava. Abbiamo scritto insieme per diciassette anni ed è stato non
solo divertente ma anche molto istruttivo. Ma tutto ha un termine ed era venuto
il momento di prendere un’altra strada.
Prima di scrivere Tre giorni prima di natale, che è
appunto del 2020, hai scritto diversi romanzi in coppia con Maurizio Lanteri.
Libri ed anche una antologia di racconti (La contessa del Campo dei fiori). Il
tutto ha avuto inizio nel 2003 ci puoi ricordare come è andata? Come funziona
la scrittura a quattro mani e più o meno gratificante che firmare da sola un
romanzo? Immagino che comunque il lavoro sia molto più faticoso.
Ci siamo conosciuti su Internet, in un sito in cui si
concentravano gli apprendisti scrittori. Maurizio lesse la primissima bozza di
quello che, molti anni dopo, sarebbe diventato Tre giorni prima di Natale. Vide
del talento in me e mi propose di scrivere un libro insieme. Come dicevo prima,
è stato molto divertente, all’inizio addirittura esilarante. Ridevamo
moltissimo, capitavano episodi buffi, tramavamo molto al telefono e i libri si
scrivevano da soli. Lui scriveva al mattino, poi mi spediva il file e andava a
fare il pediatra. Io tornavo dal lavoro, rileggevo il suo e continuavo fino a
che andavo a dormire, dopo aver spedito il file. Al mattino, lui ricominciava
il giro. Ho imparato molto, perché ciascuno di noi due smussava i difetti
dell’altro, era uno scrivere e un editarsi a vicenda. Non è più o meno
gratificante che scrivere da soli. I libri sono comunque figli, che abbiano due
genitori o un genitore unico.
Dopo quella prima esperienza non vi siete più fermati ed
il vostro sodalizio è andato avanti fino al 2018 anno in cui avete scritto La
strega bambina, vostro ultimo romanzo in coppia. Avete anche vinto il Nebbia
gialla nel 2018 con il romanzo Iguana club. Insomma una esperienza importante,
direi fondamentale. Ci sarà ancora occasione di scrivere con Lanteri?
Credo proprio di no. Si cambia, si invecchia, ci si deve
rassegnare a prendere strade diverse. Scrivere in due ora per me sarebbe troppo
faticoso, assomiglierebbe a un lavoro e non a un viaggio di piacere.
Una domanda che non può mai mancare nelle mie interviste
riguarda le case editrici. Tu nella tua “carriera” ne hai avute davvero tante: Fratelli
Frilli, Laurana editore, Novecento editore, Edizioni il vento antico ecc. Come
giudicheresti la tua esperienza? Si riesce a dar loro un giudizio complessivo o
ognuna a una sua peculiarità? Hai mai pensato alla auto pubblicazione per un
tuo libro o ritieni il supporto di una casa editrice fondamentale?
Ne mancano tre. Andiamo con ordine.
1. Traccediverse, con cui io e Lanteri abbiamo pubblicato il primissimo libro,
un’esperienza devastante che per poco non mi ha fatto abbandonare la scrittura.
2. Fratelli Frilli, che ha un’ottima distribuzione. Abbiamo pubblicato con loro
due libri – tra cui Non tornare a Mameson, che è il mio preferito in assoluto –
e sono ancora in commercio.
3. Todaro, una casa editrice piccola e con poca distribuzione ma corretta con i
propri autori. Con loro abbiamo pubblicato Bruja, arrivato secondo al Nebbia
Gialla editi dietro a Maurizio De Giovanni. Questo fatto ci ha procurato un
agente che ha gestito il libro successivo e ci ha imposto di lasciare Todaro.
4. Edizioni Nord, la più “importante”, che ha pubblicato La cappella dei
Penitenti Grigi, dichiarando di volerne fare un best seller. Peccato che se lo
siano dimenticati il giorno stesso dell’uscita. Lasciamo perdere. Non ho più
scritto una riga per un paio d’anni.
5. Novecento/Laurana, sono dello stesso gruppo. Ci siamo approdati con la
vittoria agli inediti del Nebbia Gialla. Niente da dire, hanno poca
distribuzione, ma i prodotti sono buoni.
Quando ho deciso di scrivere da sola, mi sono rivolta a
Edizioni Vento Antico perché ho seguito la casa editrice fin dai suoi primi
passi, conosco le persone e la correttezza. Non ho bisogno di grandi editori,
ci sono entrata una volta nel loro mondo e mi è bastato per capire che, se non
sei del giro giusto, non c’è nulla da fare. Puoi anche entrare ma ti faranno
sempre sentire un intruso. Uno fuori posto.
L’autopubblicazione non l’ho mai presa in considerazione perché ritengo
necessario che qualcuno giudichi se ciò che ho scritto sia degno o no di essere
pubblicato. So che la mia non è una posizione gradevole, ma lo slogan “se lo
hai scritto, deve essere pubblicato” non lo condivido, perché non è affatto
detto che ciò che ho scritto sia gradevole, leggibile, scorrevole, che la mia
trama stia in piedi, che avvinca un lettore.
Hai sempre scritto solo gialli o hai sperimentato anche
altri generi? C’è un racconto che esula un po’ dalla tua comfort zone. Il
figlio di Larry Barnes al quale tu però, mi sembra, non abbia dato alcun
seguito.
Quello è stato un contest. I partecipanti dovevano dare tre
elementi a un altro partecipante e costui doveva scriverci un racconto. A me
capitarono un attore, una lettera e un vigneto. Sono molto orgogliosa di quel
che ne ho ricavato. Ma tu non sai che mi
sono cimentata anche nel genere rosa erotico… con Sperling & Kupfer ho
pubblicato un romanzo che ho scritto in venti giorni e che, ad oggi, è quello
che mi ha reso di più in soldini. Un altro l’ho pubblicato con Edizioni Vento
Antico un paio d’anni fa. Entrambi sotto lo pseudonimo di Julia Moreno.
Ho ancora una curiosità e riguarda la presentazione dei
tuoi libri in pubblico. Qual è la situazione che preferisci? Quella che prevede
la presenza di un moderatore che ti pone le domande “giuste” per farti
raccontare al meglio la tua opera o preferisci di più interagire direttamente
col pubblico e lasciar fare le domande direttamente da loro senza “filtri”?
Sicuramente con il presentatore. Mi ci hanno costretta una
volta, a fare da me, e mi sono trovata veramente male, con un pubblico muto. Ne
sono uscita ma ho giurato mai più.
Finalmente arriviamo al fulcro dell’intervista. Il tuo
ultimo libro, il secondo con protagonisti il commissario Nicola Castano e la
criminologa Lorena Montaldi, si intitola Qui i fiori non crescono. Se inizio a
parlare di questo libro non smetto più perché a me è piaciuto molto e offre tanti
spunti di discussione. Già solo il titolo non lascia indifferenti. Lascio
quindi a te presentarlo a dovere. Dicci dove è ambientato, quali sono i
personaggi principali, raccontaci la trama, insomma facci venir voglia di
leggerlo.
Difficile parlare di un poliziesco senza svelare nulla.
Cominciamo dal titolo, che è un verso di Bukowski.
Poi diciamo che è un’indagine
molto dura, complessa, che inizia con un cadavere affiorato in Arno ma che si
rivelerà disseminata di cadaveri. Sorprendente anche per gli investigatori.
Ovviamente l’idea che ha dato vita alla trama non è estranea alle troppe donne
uccise di cui ci parla la cronaca, ma è solo il clic che mi ha fatto scattare una
storia in cui ho messo forse il peggio di questo mondo che ci circonda,
l’indifferenza per gli altri, l’egocentrismo e l’assenza di rispetto. Ma
questi, che tu chiami giustamente spunti di discussione, sono solo il contorno
di quello che è un semplicemente un romanzo, il cui compito è appassionare chi
legge, farlo divertire e viaggiare con la fantasia. I miei protagonisti
lavorano a Firenze ma in questo libro si trovano costretti a fare anche delle
trasferte, in particolare porteranno i lettori a Venezia e in Costa Azzurra.
Questo romanzo è legato strettamente, correggimi se
esagero, al tuo precedente (Tre giorni prima di natale). I casi che gli
investigatori devono risolvere si chiudono completamente col termine del libro
ma i personaggi principali hanno un’evoluzione importante nel passaggio dall’uno
all’altro. Per essere gustata al meglio a parer mio si deve quindi prevedere la
lettura di entrambi. Io personalmente la storia di Castano e della Montaldi la
terminerei qui. Con questa seconda indagine. Il finale di Qui non nascono i
fiori chiude perfettamente il cerchio. Tu che mi dici? Sentiremo ancora parlare
di Nicola e Lorena?
Ho sempre detto che i serial vanno bene al massimo per tre
libri, eccezion fatta per i grandissimi. Al momento non ho alcuna intenzione di
andare oltre il terzo, a cui sto effettivamente pensando ma è ben lontano
dall’essere messo in atto.
Stai già lavorando a nuovi progetti o per il momento ti
godi il successo del tuo ultimo figlio di carta?
Qualche settimana fa ho letto un editoriale molto
interessante di una nota esperta di comunicazione, che mi ha chiarito come
questa voglia di tirare i remi in barca appartiene non solo a me ma a tutti noi
piegati da due anni di pandemia, e che l’unica via d’uscita per uscire dal
nulla è la creatività. Quindi ho deciso di iniziare a dar corpo a un progetto
che sta nella mia testa da una decina d’anni, cioè un romanzo in gran parte
ambientato negli anni 60. Non è un giallo, non so ancora bene cosa sia e neanche
se arriverò alla fine. Ma l’importante è scrivere. Vedi, a me quello che piace
è ciò che viene prima della pubblicazione, la ricerca, la nascita e la crescita
dei personaggi e della storia. Questo mi dà la carica.
Sei ospite del blog Giallo e cucina e qui le interviste
terminano sempre con due domande obbligatorie: la prima non è proprio una
domanda ma un pensiero gentile. Consiglia due/tre romanzi che ti hanno colpito,
o a cui sei particolarmente legata, e che vorresti che tutti leggessero.
Io leggo 2/3 libri a settimana per cui è davvero
complicatissimo scegliere. Butto lì i primi tre che mi vengono in mente, libri
che leggendoli ho dovuto fermarmi perché mi emozionavo.
Sabato, di Ian McEwan
Sorella, mio unico amore di Joyce Carol Oates
Il ragazzo che leggeva Verne, di Almudena Grandes
La seconda è: qual è la pietanza o il piatto a cui non
sai resistere e che non vedi l’ora di gustare in queste feste di natale.
A Natale non resisto al panettone. Riesco sempre a prendere
peso e solo a causa del panettone.
Ti ringrazio della bella chiacchierata, ti auguro tanta
fortuna. Se vuoi puoi aggiungere qualcosa che magari ritieni importante far
sapere ai lettori….
Io devo solo ringraziare tutti quelli che hanno avuto la
pazienza di leggere fin qui!
Buon anno a tutti.
Di nuovo grazie. Complimenti ed a presto.
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