Prima di parlare diffusamente dei tuoi libri, e di tante
altre belle cose, ti faccio qualche domanda di carattere generale, per
conoscerti un po’ meglio. Sono le domande che io chiamo “necessarie”, forse un
po’ banali, ma alle quali non ci si può proprio sottrarre. Pronta? Allora
Valeria raccontaci un po’ di te dove nasci e vivi, la tua formazione, qual è il
tuo lavoro e poi dicci come nasce l’idea di scrivere romanzi.
Grazie mille
dell’invito Gino!
Nasco e vivo da
sempre a Chiavari, in provincia di Genova, quindi una ligure d.o.c., sì, ma con
una leggera stemperata di geni emiliani da parte dei nonni paterni. Amo
moltissimo il luogo in cui vivo, che raccoglie tutti i pregi e i difetti delle tipiche
cittadine di provincia, ma qui sta il suo bello: è una miniera di spunti, idee
e saporite microstorie, in un brulicare di vite e segreti che si gonfiano e si sgonfiano
passando di bocca in bocca. E poi c’è il mare, sconfinato immenso, ma nello
stesso tempo culla e rifugio. Il mare è da sempre la mia fuga e nel suo
abbraccio ritrovo il mio “centro”: l’acqua si ingoia i pensieri molesti e
tornano a galla solo le intuizioni migliori.
La mia formazione si
è mossa seguendo i percorsi dell’arte: diploma di Istituto d’Arte e di
Accademia delle Belle Arti, infatti il primo approccio al mondo dell’editoria è
stato come illustratrice e cartoonist. In realtà il mio “sguardo” non è cambiato
poi di molto, ho solo modificato “prospettiva”: prima raccontavo storie con le
immagini, ora le racconto anche con le parole.
Ho realizzato che scrivere poteva diventare una faccenda seria dopo, grazie
all’inaspettato e travolgente riscontro dei lettori: un po’ come partire con
l’idea di assaggiare con l’alluce l’acqua del bagnasciuga e trovarsi
felicemente catapultati nella traversata a nuoto della Manica. L’avventura è
iniziata nel 2010 con “Lacrime di coccodrillo” per Mondadori, e da lì non mi
sono più fermata. Ora la scrittura è la mia attività principale, ma non ho
abbandonato l’illustrazione e neppure gli incontri con le scuole, oasi che
salvaguardo con le unghie e con i denti: lavorare con bambini e ragazzi porta a
rinnovarsi sempre e non adagiarsi mai, spalancandoti ogni volta orizzonti
inaspettati.
Oltre a
scrivere sei anche una lettrice? Hai un genere preferito? Preferisci gli e-book
o il libro cartaceo?
Be’, direi
che la passione per la lettura si è tirata dietro quella per la scrittura.
L’amore per il “libro” è nato prima ancora di saper leggere: da bambina ero abbastanza
iena (del genere mi spezzo ma non mi piego, per intenderci) e tra le altre cose
non mangiavo nulla, così mi imboccavano a tradimento leggendomi le favole e le filastrocche
de “I Quindici”, qualcuno se li ricorda? Vabbè, per dire che la scrittura è
venuta fuori di soppiatto, quasi senza che me ne accorgessi.
In
realtà quando leggo non mi pongo più la differenza di genere, specialmente da
quando pensavo di non amare il fantasy e poi mi sono ritrovata ad aspettare
l’uscita del nuovo Harry Potter con le unghie artigliate alla saracinesca della
libreria dalla mezzanotte del giorno prima!
Quindi se
un libro mi “agguanta” lo leggo e bon, a prescindere dal genere e dal colore. E
poi la lettura è anche una faccenda molto “umorale”, no?, facile che spazi tra
i generi a seconda del momento, anche perché leggere è la mia stanza tutta per me, dove la sera mi ripulisco dai pensieri
immergendomi in storie non mie, spazio vitale di cui non posso assolutamente
fare a meno.
Ciò che
domando a un libro è che sappia afferrarmi con la buona scrittura, anche perché
l’incalzare della trama mi avvince ma non è indispensabile: quello che mi
cattura davvero è incontrare i personaggi, entrare nella loro vita e
camminargli accanto come se li conoscessi da sempre.
Da dove
nascono le tue storie. Elabori notizie che leggi o sono esclusivamente di
fantasia?
Tante volte
ti domandi (e ti domandano) come nasce l’idea di un romanzo. Per gli altri
autori non so, ma nel mio caso, be’ si tratta sempre di un caso: la frase di
una canzone, il fotogramma inquadrato dal finestrino del treno, il dialogo
origliato in attesa dal medico, una notizia di sfuggita al TG mentre stai
preparando la cena. Insomma, una scheggia da niente che per qualche motivo fa
tana tra le volute cerebrali e resta lì, a fermentare.
L’idea della
coppia improbabile de “La colf e l’ispettore” ad esempio è nata proprio mentre
pulivo casa (due figli adolescenti, un marito sempre di corsa e un felino,
avete presente? Ecco, questo per dire che ho visto cose che voi umani… ;))
insomma, mi son trovata a pensare: in fondo, chi meglio di una colf riesce a
infilarsi nelle pieghe più nascoste delle vite altrui? E così ha preso vita
Alma Boero che, volente o nolente, con il suo lavoro entra in questi micro
universi e scopre inevitabilmente “cose”. E poi chi c’è di più invisibile di
una donna delle pulizie? Ecco, dopo un attimo questa idea aveva già messo le
tende nella mia materia grigia, pronta a lievitare per srotolarsi tra le pagine
del nuovo romanzo.
Hai
solitamente una scaletta prefissata o ti fai condurre dalla narrazione?
Vere e proprie scalette no, il grosso della
storia si sviluppa mano a mano che scrivo, come se io stessa leggessi la storia
scritta da un altro: non so esattamente dove mi porterà, che direzione
imboccherà, personaggi che ritenevo secondari prendono forza e vita fondendosi
con i principali, mi affeziono ad alcuni di loro e decido di dargli nuove
possibilità, deviazioni, nuovi impasti, insomma so come comincia e (più o meno)
come andrà a finire, ma il cuore della vicenda la scopro solo scrivendo. E il romanzo corale mi
permette di raccontare tante storie parallele che poi convergono nella trama
principale e ciò mi diverte tantissimo. Per questo a volte capita che la
faccenda si dirami dove non avevo previsto neppure io!
Confesso che da
lettrice la trama fine a se stessa mi annoia molto. Io sono una che ama
rileggere i romanzi che ama, e li amo proprio perché non si esauriscono con la
trama: so già come sarà l’epilogo, ma non mi interessa: ciò che conta sono i
dialoghi, le descrizioni, il divertimento e l’emozione che provo leggendo.
Quando
scrivi deve esserci assoluto silenzio o ti concentri meglio con una buona base
musicale? Scrivi quando riesci o preferisci un momento particolare della
giornata?
Già, uno
si immagina quelle faccende alla Hemingway, vero?, una bella scrivania,
bicchiere pieno, il silenzio rotto solo dalla brezza dell’Avana…
No.
Infatti
ora cancellate tutto e visualizzate invece una tizia bastevolmente stravolta
artigliata al suo portatile, che vaga come una profuga per la casa alla ricerca
non di silenzio, figurarsi, che tra figli che studiano chiacchierano o suonano,
amici dei figli che chiacchierano studiano e suonano, felino invadente e marito
che entra e esce come un tornado, il silenzio in casa sua è da pura
fantascienza, no, lei si accontenterebbe di un angolino riparato e bon. C’è da
dire che una volta “entrata” nella storia è come infilarmi in una specie di
bolla e allora riesco a scrivere ovunque, persino sul treno.
La
musica invece non l’ascolto mai mentre scrivo, come non amo ascoltarla mentre
leggo, sono due passioni che preferisco gustare separate. Però se dovessi scegliere un base musicale: sono
granitica negli affetti, ma estremamente volubile e in ricerca per tutto il
resto, quindi la mia colonna sonora potrebbe essere il Canone di Pachelbel,
dove sul basso ostinato e immutabile degli affetti si rincorrono le mille mai
uguali variazioni della curiosità, del cambiare orizzonte e della scoperta.
Ti è capitato certamente di presentare i tuoi
libri in pubblico? Preferisci un moderatore che ti pone le domande “giuste” o
preferisci lasciare far fare le domande direttamente al pubblico?
Devo
dire che le domande del pubblico e dei lettori sono quel valore aggiunto che sa
trasformare un incontro piacevole in un qualcosa di davvero speciale, quindi le
amo moltissimo, sì.
Valeria,
tu hai scritto tantissimi libri. Romanzi ed anche racconti. Le tue prime eroine
furono Guia e Lucia. Invece nel romanzo Il morso del ramarro hai scelto altri
protagonisti. Poi dal 2017 è iniziata la vera e propria saga di Alma e Jules,
La domanda potrebbe apparire quasi inutile ma te la pongo lo stesso. Di norma
preferisci scrivere libri stand alone o ti trovi più a tuo agio con personaggi
seriali? La mia curiosità maggiore è Alma e Rosset erano nati per esistere in
un solo romanzo (o al massimo un paio come Guia e Lucia) oppure era già nelle
tue intenzioni farli diventare dei personaggi seriali?
No, Alma e Jules non erano nati per diventare una
serie, o almeno: i presupposti volendo c’erano, ma non pensati e costruiti per
quello scopo. È stato l’entusiasmo dei lettori a “chiamare” un seguito. Confesso
che quando mi è stato chiesto di farla diventare una serie non ero proprio
felicissima, temevo di annoiarmi e quindi di annoiare, invece la scelta di non
“cristallizzare” i personaggi ma farli evolvere man mano si è rivelata forse la
carta vincente: perché ciò che vivono e le situazioni che attraversano inevitabilmente
li cambia, esattamente come accade nella vita. E poi ogni nuova avventura si
tira dietro un corollario di figure nuove e nuovi piccoli universi tutti da
raccontare, ed è ciò che amo di più.
In questo spazio ho il piacere di chiacchierare con
bravissimi autori. Quelli che passano di qua sono gli scrittori che io amo di
più. Sono quelli che mi hanno veramente emozionato con i loro romanzi. Sono
però, quasi esclusivamente, autori self publishing, perché io credo molto a
questa soluzione per pubblicare un libro. E cerco nel mio piccolo di dargli più
visibilità possibile. In questo campo il tuo è stato un percorso particolare.
Hai iniziato con Mondadori poi sei passata a Emma books e da Acqua passata in
poi, cioè tutta la serie della colf e l’ispettore, hai preso Amazon come casa
editrice. Mi racconti se vuoi questo percorso e poi perché hai deciso di
utilizzare Amazon anche come editore? Quanto è limitante avere solo un mercato
on line?
Con Mondadori ho
imparato moltissimo sulle dinamiche editoriali, mentre con Emma Book è stato
come entrare in una effervescente famiglia piena di entusiasmo e
collaborazione, grazie a loro ho anche scoperto il mondo ricco e sfaccettato
dei blog, capaci di far funzionare il meraviglioso “passaparola” dei libri, e
che con Mondadori mi era mancato.
Quanto ad Amazon, sono
stati loro a cercarmi: Alessandra Tavella, allora editor di Amazon Publishing,
era rimasta colpita dalle numerose recensioni positive e dalle alte vendite dei
miei romanzi sugli store, così si li è letti tutti e poi si è rivolta
all’Agenzia Letteraria che mi segue dal mio esordio in Mondadori per sapere se
avevo qualcosa di nuovo in produzione. Amazon Publishing infatti, a differenza
delle altre case editrici, accoglie in lettura solo manoscritti che abbiano
passato il vaglio di un’Agenzia Letteraria, per garantirsi già di partenza un
prodotto di qualità. Forse non tutti sanno che Amazon Publishing nasce in
Italia come casa editrice solo da pochissimi anni, per questo molti la
confondono ancora con il Self publishing. Invece Amazon Publishing è una casa
editrice esattamente come quelle tradizionali: ha i suoi editor, i suoi grafici,
e una cura particolare nella scelta degli autori (tanto è vero che, come dicevo
prima, non accetta manoscritti che non abbiano già passatoi il vaglio di
un’agenzia letteraria). Quando ho ricevuto la loro proposta ero un po’
perplessa: da ex libraia non mi piaceva il fatto che in Italia (e nel resto del
mondo non è così) libri non fossero presenti fisicamente sugli scaffali delle
librerie.
Poi ho scoperto che in
realtà i libri Amazon Publishing i librai possono gestirlo esattamente come gli
altri e infatti qualcuno lo fa, ma sono davvero pochissimi, Amazon è visto un
po’ come l’Orco, e li capisco, anche se mi dispiace. Senza contare che questo
fatto automaticamente li esclude da molti Premi e Festival letterari, come spesso
accade anche con i romanzi self publishing e quelli solo digitali.
Quanto alla casa editrice non posso che dirne bene: scrupolosi, attenti,
coccolano gli autori come una piccola casa editrice che però fa numeri enormi
sia in Italia che all’estero, so esattamente quante copie vendo di ora in ora e
persino in quel parte del mondo. Un’ottima esperienza, insomma.
Per ciò che riguarda il self publishing non ho esperienza se non da
lettrice, e concordo con te Gino sul fatto che ci siano veramente tanti romanzi
di qualità che meriterebbero molta più visibilità, cosa che a tu fai con il tuo
meraviglioso passaparola!
Ma
eventualmente ti contattasse una casa editrice con un progetto serio la
prenderesti in considerazione?
Eh, qui
c’è una piccola novità: è successo, infatti ora sto scrivendo una nuova serie con
nuovi personaggi per una grande casa editrice, l’offerta è stata davvero
stuzzicante e mi sto divertendo moltissimo!
Ora
finalmente iniziamo a parlare dei tuoi libri. Passiamo ad analizzare il tuo
ultimo libro. Quando lo hai scritto e cosa ti ha ispirato?
Si
tratta della penultima avventura de “la colf e l’ispettore”, l’ho terminato
pochi mesi fa (ogni nove mesi ne devo sfornare uno, quasi un piccolo “parto”,
insomma ;)) e il desiderio era quello di far compiere ai nostri un viaggio
reale, sì, ma anche un vero e proprio viaggio nel passato dell’ispettore
Rosset, per conoscere il suo “prima”, chi era, cosa lo ha cambiato, per provare
a comprendere le sue scelte e perché no, anche i suoi spigoli.
Dicci il
titolo e raccontaci un po’ la trama, dove è ambientato, i suoi personaggi
principali. Facci venir voglia di leggerlo. Forse è giusto ricordare brevemente
anche gli altri libri della serie che raccontano delle indagini di Jules Rosset
e di Alma Boero. Quest’ultimo pubblicato è il quinto che li riguarda, vero?
Il
titolo è “Peggio per chi resta”, anche questa volta tratto da un vecchio
proverbio: “Male per chi va, peggio per chi resta”.
Tutto
comincia come una vacanza, ma dopo neppure tre ore diventa uno dei casi più
destabilizzanti che l’ispettore Jules Rosset si sia mai trovato ad affrontare:
Lia Favre, una sua amica di infanzia (e primo grande amore) è scomparsa senza
lasciare traccia, catapultando Jules in un passato che avrebbe preferito non
far tornare a galla.
Ci
penserà Alma a cercare di annodare i fili tra presente e passato, anche se la
trasferta scombussola pure lei. A dar loro manforte l’immancabile Alfonsina,
coadiuvata questa volta dal liscio sapere contadino della signora Bruna e dalla
combattiva viceispettrice di Aosta, Piera Jantet.
Piano
piano i nodi vengono al pettine, anche più di quelli che ci si aspettava:
perché “è male per chi va”, certo, ma a volte è forse “peggio per chi resta”. E
come avrete capito questa volta c’è un cambio di scenario: abbandoniamo
il salmastro della riviera per raggiungere i luoghi dove l’ispettore Rosset è nato e
cresciuto: la Valle d’Aosta, dove Jules e Alma, con tanto di prole e suocera al
seguito, pensavano di concedersi una breve vacanza. Pensavano, appunto, perché
come dice Jules: chi torna da un viaggio non è mai la stessa persona che è
partita.
Hai
dovuto fare un lavoro di studio degli argomenti trattati o li hai ambientati in
luoghi e descritto situazioni che conosci bene?
Ambienti
e situazioni di solito li conosco bene, ma quasi sempre scrivere ti porta a
studiare, documentarti, scavare e domandare, sempre. Però è giusto avvertire
che spesso e volentieri scrivere ti porta a spremere chi ne sa per scoprire fin
dove puoi spingerti a piegare la scienza a uso e consumo della trama che hai in
testa, per questo è giusto avvisare che sempre di romanzo si tratta, e come
tale va letto.
Secondo
te c’è un pubblico specifico per questi libri?
Editorialmente
parlando il mio è un “genere” del genere, nel senso che si tratta di un genere
incasellato nei “Gialli\thriller” ma con tratti ironici e divertenti tipici
della commedia, quindi ogni tanto si ride senza incappare in morti troppo
cruente o smembramenti di arti, quindi adatto a un pubblico ampio e variegato,
che va dagli adolescenti ai centenari ;). E comunque sì, come è facilmente
intuibile questa dei “generi” non è un’etichettatura programmata a raccogliere
le sfumature, tanto più che per iniziale del cognome capito sempre accanto a
nomi “thrillerossissimi” tipo Carrisi Connely Cornwell… ecco, appunto.
Ma a
quanto pare i lettori sono sempre due curve avanti, e la cosa funziona
comunque.
Facci un
piccolo excursus nella tua bibliografia. Hai pubblicato altri romanzi
precedentemente a questo. A quale genere appartengono? Stai scrivendo qualcosa
in questo periodo? Hai già previsto di scrivere un sesto capitolo della storia
di Jules e Alma?
Tutti ascrivibili al genere commedia\giallo\noir,
compresi i racconti. Ecco, tra tutti forse il meno “giallo” è “Pesto dolce”,
anche perché mi avevano domandato di scrivere un racconto rosa che avesse a che
fare con il cibo, solo che più che rosa è venuto fuori un po’… boh, arancione
direi ;).
Ecco tutti i miei romanzi e racconti in ordine di
apparizione:
per Mondadori Lacrime di
coccodrillo (riproposto da Emma Books)
Il Gatto, l’Astice e il Cammello (Antologia “Giallo Panettone”,
Mondadori, ora Emma Books) Mephisto (Antologia “Animali noir”, Falco
Editore e ora Oakmond Publishing).
Per Emma Books Il morso del
ramarro (finalista al Premio internazionale di letteratura Città di Como
2015), il racconto Pesto dolce – la ricetta della possibilità e La
mossa della cernia.
Acqua passata, Non è tutto oro, A mali
estremi, E come sempre da cosa nasce Peggio per chi resta (Amazon
Publishing)
La favola per bambini “Mai perdere
la testa” Erba Moly editore.
Prima
dei saluti finali mi piacerebbe avere da te un’opinione del mondo nel quale ti
muovi. Secondo me molti scrittori non hanno la considerazione che
meriterebbero. Che il loro talento pretenderebbe. Io nel mio piccolo ne ho
conosciuti (letti) tanti, che meriterebbero molto più successo di quello che
hanno. Tu sei senz’altro uno di questi. Se non si entra nelle grazie di qualche
grande casa editrice che, bontà sua, decide che il tuo romanzo “debba” avere
successo, diventa davvero difficile “diventare famosi” ed avere un po’ di
gloria scrivendo libri. Deve essere frustrante sapere di avere grandi capacità,
esprimerlo anche con ottimi romanzi, ma non riuscire a “far passare”
l’informazione. Non riuscire a far capire al lettore che oltre ai soliti noti
c’è molto altro. Cosa ne pensi?
L’editoria è un mondo strano e insondabile, per certi versi
molto simile a quello musicale e cinematografico.
Cosa determina il successo di un libro, un disco, un film?
Una volta un mio amico e famoso scrittore, Carlo A. Martigli,
mi disse:
«Per scrive un romanzo di successo sono necessarie solo quattro
C e così suddivise
Creatività 10%
Cultura 10%
Capacità di
scrittura 10%
Culo 70%»
Credo che non ci sia bisogno di aggiungere altro.
Ti
ringrazio della bella chiacchierata, ti auguro tanta fortuna e spero che non si
affievolisca mai la tua voglia di scrivere perché sei veramente brava. Se
ritieni puoi aggiungere qualcosa che magari ritieni importante far sapere ai
lettori….
Grazie
infinite a te Gino! E cos’altro posso dirvi se non: leggere leggere leggere.
Sempre. Perché sì, leggere rende liberi e più bella cosa non c’è.
Di nuovo
grazie. Complimenti ed a presto.
Consenso
trattamento dati personali
Nota
bene: Rispondendo alle domande di questa intervista viene dato il consenso alla
sua pubblicazione sul blog Un libro di emozioni e sui social ad esso legati.
Ancora grazie infinite per l'ospitalità Gino!
RispondiEliminaBella intervista. Grazie
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