giovedì 4 giugno 2020

INTERVISTA A MATTIA BAGNATO










Oggi nello spazio interviste abbiamo il piacere di ospitare l’autore Mattia Bagnato. Grazie per averci dedicato un po’ del tuo tempo.

Prima se posso ti faccio volentieri qualche domanda di carattere generale per conoscerti un po’ meglio…no, non ti preoccupare nulla di personale. Solo domande riguardanti il nostro amato mondo dei libri.  Allora Mattia raccontaci un po’ di te dove nasci e vivi, la tua formazione, qual è il tuo lavoro e poi dicci come nasce l’idea di scrivere romanzi.
Ciao Gino, e innanzitutto permettimi di ringraziarti ancora per questa opportunità: essere il protagonista di un’intervista non è esattamente una cosa che mi capita tutti i giorni. Sono nato a Genova nel 1992, per cui sì, mi sto avvicinando pericolosamente alla soglia dei trent’anni, evento per il quale non mi sento affatto pronto. Ho sempre seguito percorsi di studio scientifici, dal liceo all’università, fino a conseguire la laurea in Fisioterapia nel 2015, ma non penso che questo sia poi tanto inusuale per una persona che si avvicina al mondo della scrittura; forse è stato proprio il pragmatismo che ha caratterizzato la mia formazione a farmi desiderare con tanta passione di riuscire a realizzare un sogno strambo come quello di diventare uno scrittore. Perché, diciamocelo, per voler fare lo scrittore bisogna avere qualche rotella fuori posto. Anche se, forse, a spingermi in questa direzione è stata più l’influenza di mia madre, e delle centinaia di libri che mi sono visto gravitare attorno sin da quando ero piccolo. Non a caso uno dei miei passatempi preferiti da bambino era scrivere brevi storie fantastiche (che non portavo mai a compimento, aggiungerei).

Oltre a scrivere sei anche un lettore? Hai un genere preferito? Preferisci gli ebook o il libro cartaceo?
Assolutamente sì. Ritengo ci siano poche lezioni veramente importanti per chi vuole imparare a scrivere, imparare sul serio, e sono queste: scrivi tanto, leggi di più. I libri sono gli insegnanti migliori, per uno scrittore (o aspirante tale). In verità leggo di tutto, anche se in passato prediligevo il genere fantasy. Escludendo i romanzi rosa, direi che sono un lettore onnivoro, mi va bene tutto purché sia stimolante. Ho uno scrittore preferito però, quello sì, ed è Stephen King. Penso che chi ha letto “L’innocenza non esiste” se ne sia accorto. Eh, ho sul comodino un lettore per ebook e ogni tanto lo uso anche, ma il cartaceo non si batte. Sfogliare le pagine e sentire l’odore della carta crea un’atmosfera che l’ebook non potrà mai eguagliare.

Da dove nascono le tue storie. Elabori notizie che leggi o sono esclusivamente di fantasia?
Direi esclusivamente frutto della fantasia, anche se in qualche modo siamo sempre portati a inserire elementi familiari o conosciuti nei nostri racconti, aiutano a dare quel tocco di realtà in più. A volte, soprattutto per i racconti brevi, una notizia o un evento specifico possono far scattare la scintilla, ma tendo a tenere ben separate le mie opere di fantasia da ciò che succede nel mondo reale. Non voglio che quello che scrivo possa essere inteso come un commento personale su questa o quell’altra vicenda, preferisco che ognuno sia libero di dare la propria interpretazione.

 La tua scrittura si colloca in un genere preciso o non si possono inquadrare in un unico filone?
Questa storia del genere mi sta risultando molto problematica: ogni volta che qualcuno mi chiede a quale genere appartiene “L’innocenza non esiste”, esito e finisco con il rispondere «Non lo so!». Può sembrare assurdo, ma è la verità. Diciamo che mi piace passare a mio piacimento da un genere a un altro, le etichette mi stanno un po’ strette. Sicuramente questo romanzo è molto diverso da “Alfa privativo”, il mio esordio letterario di qualche anno fa, ma dipende anche dall’esperienza che ho maturato tra una pubblicazione e l’altra. Però no, nessun genere preciso, preferisco continuare a sperimentare all’interno di vari generi narrativi, creare un po’ di sana confusione, scrivere ogni volta qualcosa che il lettore non si aspetterebbe.

Hai solitamente una scaletta prefissata o ti fai condurre dalla narrazione?
Parto sempre da una bozza di scaletta, altrimenti rischierei di perdere il filo e trovarmi a navigare nel buio più assoluto. Questo ovviamente non significa che quello che avviene durante la narrazione sia statico e prestabilito, tutt’altro: è sempre tutto in evoluzione, sono i personaggi stessi e le situazioni a suggerirmi come andare avanti. Spesso mi capita di scrivere un intero capitolo partendo da una semplice frase, senza sapere di preciso che cosa succederà prima di passare a quello successivo.

Hai deciso di autopubblicare il tuo ultimo romanzo. La tua è stata una scelta ponderata oppure ambisci a scrivere ancora per una casa editrice ma non ne hai avuto l’opportunità? Non deve essere facile dover occuparsi di tutti gli aspetti di “contorno”: copertina, editing, impaginazione, stampa…Parlaci della tua esperienza.
Sono sincero, mi sono rivolto a diverse case editrici prima di passare al self publishing, ma senza ottenere risposta. Sono consapevole della difficoltà al giorno d’oggi di ricevere le attenzioni delle CE, ma ammetto di essere rimasto molto deluso dal silenzio che ha seguito l’invio del romanzo. Di certo spiccare tra le migliaia di opere che arriveranno ogni giorno nelle redazioni deve essere un po’ come vincere al Superenalotto. Ho dedicato moltissimo tempo a occuparmi di tutti gli aspetti che hai elencato: avrò riletto l’intero romanzo all’incirca una decina di volte per scovare errori, migliorare alcuni passaggi, cancellare e riscrivere…. Mia madre è stata fondamentale, grazie alla sua lettura in anteprima del testo mi ha dato molti suggerimenti utili e mi ha fatto notare errori che altrimenti sarebbero passati inosservati. Per fortuna, poi, per realizzare la copertina ho ricevuto il preziosissimo aiuto della mia fidanzata, Alice, che ha saputo scattare la foto perfetta per il libro. Per quanto riguarda la distribuzione mi sono affidato al servizio KDP di Amazon; è vero, rende il romanzo un’esclusiva di Amazon, ma se non altro è un metodo gratuito e, soprattutto, semplice. Voglio poter dedicare il mio tempo alla scrittura, non a tutti i passaggi tecnici di cui normalmente si occupano altre figure professionali, e che io non saprei assolutamente gestire da solo.

Ma eventualmente ti contattasse una piccola casa editrice la prenderesti in considerazione o miri proprio al grande salto?
L’importante è che si tratti di una casa editrice seria e che miri a realizzare il miglior prodotto possibile. Non accetterei di pubblicare un libro poco curato solo per il gusto di vedere il marchio di una CE in copertina. C’è solo una regola che ritengo inviolabile (quantomeno per me): niente case editrici a pagamento. Se una CE sceglie il mio libro, deve essere perché ci crede davvero, non perché così può svuotarmi il portafogli.

Quando scrivi deve esserci assoluto silenzio o ti concentri meglio con una buona base musicale? Scrivi quando riesci o preferisci un momento particolare della giornata?
Dipende, ma di solito per scrivere preferisco il silenzio. Mi piace pensare al suono delle parole, e da questo punto di vista la musica può confondere. Di solito scrivo di sera, appena rientro dal lavoro, ma ogni momento libero è una buona occasione per scrivere la prossima pagina. Non devo essere troppo stanco o nervoso, è l’unico limite che mi frena. In quelle situazioni so che probabilmente dovrei poi riscrivere tutto daccapo il giorno dopo, e allora preferisco sdraiarmi, leggere un buon libro o guardare qualcosa in televisione, senza troppi pensieri per la testa.

Ti è capitato di presentare un tuo libro in pubblico? Preferisci un moderatore che ti pone le domande “giuste” o preferisci lasciar fare le domande direttamente al pubblico?
Sì, ho partecipato ad un paio di presentazioni per il mio primo romanzo, una nel mercato comunale del mio quartiere e l’altra a Milano, in una piccola ma suggestiva libreria del centro. Nel primo caso c’era una presentatrice, la qual cosa mi ha fatto molto comodo perché mi ha aiutato a non perdere il filo del discorso, mentre a Milano sono proprio dovuto andare a ruota libera. Molto, molto più complesso. Però mi piace rispondere alle domande dei lettori, alla fine è questo che ti fa capire quanto le persone siano interessate a quel che hai scritto, no? C’è una cosa, invece, alla quale penso non mi abituerò mai: leggere in pubblico. Devo fare molta pratica, suppongo.

Che ruolo pensi occuperà la scrittura nella tua vita? Voglio dire tu sei molto giovane ed hai scritto a mio parere un libro molto molto valido, dico solo che bisognerebbe proprio leggerlo. Pensi che da qui in avanti la scrittura avrà un ruolo molto importante nella tua vita oppure rimarrà  “solo” una grande passione. Ambisci a diventare uno scrittore “vero”?  
La vita ha un senso perché siamo in grado di sognare, e la cosa bella dei sogni è che sono gratis. Sono convinto che non smetterò mai di scrivere, è qualcosa di cui avverto il bisogno e quando mi siedo al computer mi sento più libero, più realizzato, cosa che di rado mi accade in altre circostanze. L’impegno e la passione ci sono, se arriverà anche la fortuna a farmi fare quel passo in avanti che sto aspettando, allora l’accoglierò con molto piacere.

Passiamo ad analizzare il tuo ultimo libro. Quando lo hai scritto e cosa ti ha ispirato?
Cavoli, non ricordo neanche più quando ho cominciato a scriverlo! È passato molto tempo dalla prima stesura alla pubblicazione, davvero tanto. Direi almeno un paio d’anni, sai, tra la revisione, la ricerca di un editore e tutto il resto. L’ispirazione, come nella maggior parte delle volte, è arrivata in maniera improvvisa, ha bussato alla porta e io non ho fatto altro che aprire. Dall’altra parte della soglia c’era una ragazza, era ammanettata e sedeva tutta sola in una stanza grigia, asettica, quando è comparsa un’altra donna e le due hanno cominciato a dialogare. È bastata quell’immagine per farmi porre una semplice domanda dalla quale è scaturito tutto il resto della storia: perché quella ragazza si trova in un posto simile? A volte non serve altro, basta una domanda e il gioco è fatto. In effetti sembra più facile di quel che è.

Dicci il titolo e raccontaci un po’ la trama, dove è ambientato, i suoi personaggi principali. Facci venir voglia di leggerlo….
“L’innocenza non esiste”, un titolo che è tutto un programma. La protagonista è Clara Innocence, una giovane donna che incontriamo per la prima volta in una stanza del complesso penitenziario di Zenith, là dove si svolgerà il suo dialogo con la dottoressa Page, perito psichiatrico incaricato dal tribunale per sondare la sanità mentale di Clara. Perché lei, la nostra bella protagonista, è stata appena accusata di omicidio, e uno bello efferato per giunta. Il romanzo si divide quindi in tre parti, ognuna incentrata su un periodo diverso della vita di Clara, dall’infanzia all’età adulta, fino ad arrivare al giorno fatidico in cui commette il crimine per il quale è stata condannata. Il dialogo con la dottoressa funge da collante, rivela alcuni dettagli e aspetti della personalità di Clara che si ricollegano agli eventi di cui lei ci racconta. È uno stratagemma bello e buono che ho adottato per caratterizzare meglio la protagonista e consentirmi salti temporali anche di molti anni tra un capitolo e l’altro. La storia è ambientata principalmente ad Emerald Falls, una cittadina di periferia in cui Clara è nata e ha vissuto gran parte della propria vita. Qui avviene ogni genere di evento nefasto, ma non voglio fare spoiler; diciamo che non è esattamente il bel borgo di provincia in cui i vicini si salutano dandosi amichevoli pacche sulle spalle. Proprio per questa ragione non c’è un solo antagonista, ma penso che uno spicchi su tutti gli altri per il carisma della sua figura: Floyd Lawton, il temutissimo boss del crimine di Emerald Falls. E non è solo questo, ma temo che rivelare altro toglierebbe la sorpresa della lettura. Insomma, c’è di mezzo mistero, azione, amore, paranormale, e chi più ne ha più ne metta. Dategli una possibilità e, se proprio non dovesse piacervi, può sempre tornare utile come rialzo per fermare quella sedia traballante in salotto.

Hai dovuto fare un lavoro di studio degli argomenti trattati o lo hai ambientato in luoghi e descritto situazioni che conosci bene?
Scrivere spesso necessita di un lavoro di ricerca, poiché è impensabile parlare soltanto di quello che già conosciamo. Se fosse così, non esisterebbe la narrativa fantastica, o in generale la fiction, e allora avremmo le librerie piene di biografie e sarebbe un vero dramma. Quindi sì, faccio molte ricerche per rendere più realistico ciò che descrivo nei miei testi, e per fortuna sotto questo aspetto il web è una grande risorsa (la ricerca più strana? Forse la fattura delle canne dei fucili Winchester, un piccolo dettaglio per un racconto inedito). Per quanto riguarda le ambientazioni, invece, preferisco inventarmele di sana pianta: non voglio che qualcuno possa dire “Ehi, io lì ci sono stato, quel negozio non si trova affatto dove lo ha messo lo scrittore!”. Mi piace l’idea di poter portare il lettore in un posto nuovo, uno in cui nessuno è mai stato prima. Ogni storia deve essere un po’ come un nuovo allunaggio.

Secondo te c’è un pubblico specifico per questo libro o anche chi non è appassionato al genere a cui appartiene può trovarlo interessante?
Difficile a dirsi, anche per il discorso che facevo prima: non saprei indicare un genere specifico per questo romanzo, perciò possono davvero valere tutte le ipotesi. Un lettore di thriller potrebbe trovare certe scelte di trama discutibili, mentre un lettore di narrativa potrebbe amarlo, oppure viceversa. Il consiglio che mi sento di dare, a prescindere dal mio romanzo, è di allargare il più possibile i propri orizzonti e sperimentare, sia come lettori che come artisti. C’è sempre qualcosa di nuovo e inaspettato che possiamo scoprire oltre i confini imposti da noi stessi.

Preferisci i finali accomodanti (con aggiunta di zucchero), dove tutti i cerchi vengono chiusi o spesso lasci qualcosa di non concluso o poco definito? Ti piacciono i finali spiazzanti ed un po’ cinici o preferisci il vissero tutti felici e contenti?
Premetto che adoro scrivere i finali. Un finale è un po’ simile a un addio, quindi puoi caricare l’atmosfera di tutte le emozioni che ti hanno riempito mentre scrivevi quella storia, ed è davvero bello, è un momento forte e ricco di pathos. Il finale è una di quelle parti del romanzo che difficilmente mi è chiara finché non lo raggiungo: all’inizio penso che la storia potrebbe concludersi in un modo, ma man mano che procede mi rendo conto che potrebbe ancora cambiare tutto, come se non fossi davvero io a decidere quello che deve ancora succedere. Per questo non so dire se prediligo un lieto fine ad un finale tragico, semplicemente penso che debba trattarsi del finale giusto per quella storia, anche se non va incontro alle aspettative del lettore. Però i finali aperti, quelli che non chiudono tutte le parentesi e ti fanno continuare a riflettere e fantasticare anche dopo che hai messo via il libro, quelli sono impareggiabili.

Facci un piccolo excursus nella tua bibliografia. Hai pubblicato altri romanzi precedentemente a questo. A quale genere appartengono? Stai scrivendo qualcosa in questo periodo? Oppure sei già ai dettagli?
Sì, prima di “L’innocenza non esiste” ho pubblicato un altro romanzo, “Alfa privativo”, nel 2016. Lo definirei un romanzo di narrativa, sicuramente molto differente da questa mia ultima uscita, più ironico e sperimentale, se vogliamo, nel senso che si discosta da ciò che mi sono abituato a leggere negli anni. Credo che la pubblicazione di “Alfa privativo” abbia avuto un vero effetto trigger su di me, mi ha fatto comprendere quanto davvero sia importante la scrittura nella mia quotidianità, e per questo gli sono molto affezionato. Sento di potermi sbilanciare e dare qualche informazione in anteprima per quanto riguarda le mie prossime uscite. Attualmente sto lavorando ad un paio di cosette: una raccolta di racconti (ma non una classica antologia, qualcosa di più interessante per chi ha letto “L’innocenza non esiste”) e un nuovo romanzo, il primo di una trilogia fantasy un po’ fuori dagli schemi. Ok, temo di non poter dire altro per il momento, i lavori stanno ancora procedendo a pieno ritmo!

Prima dei saluti finali mi piacerebbe avere da te un’opinione del mondo nel quale ti muovi. Ora che anche tu fai parte della categoria ti chiedo: perché gli scrittori self vengono considerati autori meno capaci rispetto a quelli che scrivono per le case editrici? Sono io che vedo le cose in maniera distorta o la pensi anche tu cosi? La scelta di auto pubblicarsi non dovrebbe essere penalizzante già in partenza, come invece avviene. Posso dire tranquillamente, per averne letti tanti, che tra gli autori self ci sono grandi talenti.
Beh, i pregiudizi abbondano in ogni ambito, quindi non mi stupisce affatto che ve ne siano anche in questo. È pur vero che, nel self publishing, potenzialmente chiunque è in grado di pubblicare qualunque cosa, di conseguenza le probabilità di trovare libri di dubbia o scarsa qualità aumentano. Anche se, purtroppo, vedo che anche le pubblicazioni delle grandi case editrici non sono esenti da questo rischio; il nuovo approccio delle CE, in tanti casi più legato alla visibilità che al reale valore del testo, ha come risultato quello di trovare tra gli scaffali anche romanzi inconsistenti per il semplice fatto che hanno riscosso successo tra gli adolescenti su piattaforme in cui ognuno scrive quel che vuole in ogni momento, spesso con scarso rispetto della punteggiatura e della grammatica italiana in generale. Ovviamente non voglio fare di tutta l’erba un fascio, ma la situazione attuale del mercato editoriale in Italia non è molto incoraggiante. Sarebbe bello che qualche talent scout indagasse ogni tanto tra i romanzi autoprodotti, magari troverebbe qualcosa di buono da portare all’attenzione di chi, quei libri, poi sarebbe davvero in grado di farli diventare dei best-seller. Io, dal canto mio, non sono mai stato bravo a farmi da manager.

Ti ringrazio della bella chiacchierata, ti auguro tanta fortuna e spero che non si affievolisca mai la tua voglia di scrivere perché sei veramente bravo. Se ritieni puoi aggiungere qualcosa che magari ritieni importante far sapere ai lettori….
Sono io a doverti ringraziare per avermi offerto questa bella opportunità, te ne sono grato. Vorrei più che altro lasciare un messaggio per coloro che hanno letto “L’innocenza non esiste”, o che hanno intenzione di farlo in un prossimo futuro: GRAZIE, perché senza di voi questo romanzo non sarebbe altro che un mucchio di parole relegato in un angolino del mio computer. Io, da parte mia, cercherò di non deludere le aspettative con tutto quello che ancora è da venire.

Di nuovo grazie. Complimenti e a presto.

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