Oggi nello spazio interviste
abbiamo il piacere di ospitare l’autore Mattia Bagnato. Grazie per averci
dedicato un po’ del tuo tempo.
Prima se posso ti faccio volentieri qualche domanda di
carattere generale per conoscerti un po’ meglio…no, non ti preoccupare nulla di
personale. Solo domande riguardanti il nostro amato mondo dei libri. Allora Mattia raccontaci un po’ di te dove
nasci e vivi, la tua formazione, qual è il tuo lavoro e poi dicci come nasce
l’idea di scrivere romanzi.
Ciao Gino, e innanzitutto permettimi di ringraziarti ancora per questa
opportunità: essere il protagonista di un’intervista non è esattamente una cosa
che mi capita tutti i giorni. Sono nato a Genova nel 1992, per cui sì, mi sto
avvicinando pericolosamente alla soglia dei trent’anni, evento per il quale non
mi sento affatto pronto. Ho sempre seguito percorsi di studio scientifici, dal
liceo all’università, fino a conseguire la laurea in Fisioterapia nel 2015, ma
non penso che questo sia poi tanto inusuale per una persona che si avvicina al
mondo della scrittura; forse è stato proprio il pragmatismo che ha
caratterizzato la mia formazione a farmi desiderare con tanta passione di
riuscire a realizzare un sogno strambo come quello di diventare uno scrittore.
Perché, diciamocelo, per voler fare lo scrittore bisogna avere qualche rotella
fuori posto. Anche se, forse, a spingermi in questa direzione è stata più
l’influenza di mia madre, e delle centinaia di libri che mi sono visto
gravitare attorno sin da quando ero piccolo. Non a caso uno dei miei passatempi
preferiti da bambino era scrivere brevi storie fantastiche (che non portavo mai
a compimento, aggiungerei).
Oltre a scrivere sei anche un lettore? Hai un genere
preferito? Preferisci gli ebook o il libro cartaceo?
Assolutamente sì. Ritengo ci siano poche lezioni veramente importanti
per chi vuole imparare a scrivere, imparare sul serio, e sono queste: scrivi
tanto, leggi di più. I libri sono gli insegnanti migliori, per uno scrittore (o
aspirante tale). In verità leggo di tutto, anche se in passato prediligevo il
genere fantasy. Escludendo i romanzi rosa, direi che sono un lettore onnivoro,
mi va bene tutto purché sia stimolante. Ho uno scrittore preferito però, quello
sì, ed è Stephen King. Penso che chi ha letto “L’innocenza non esiste” se ne
sia accorto. Eh, ho sul comodino un lettore per ebook e ogni tanto lo uso
anche, ma il cartaceo non si batte. Sfogliare le pagine e sentire l’odore della
carta crea un’atmosfera che l’ebook non potrà mai eguagliare.
Da dove nascono le tue storie. Elabori notizie che leggi
o sono esclusivamente di fantasia?
Direi esclusivamente frutto della
fantasia, anche se in qualche modo siamo sempre portati a inserire elementi
familiari o conosciuti nei nostri racconti, aiutano a dare quel tocco di realtà
in più. A volte, soprattutto per i racconti brevi, una notizia o un evento
specifico possono far scattare la scintilla, ma tendo a tenere ben separate le
mie opere di fantasia da ciò che succede nel mondo reale. Non voglio che quello
che scrivo possa essere inteso come un commento personale su questa o
quell’altra vicenda, preferisco che ognuno sia libero di dare la propria
interpretazione.
La tua scrittura
si colloca in un genere preciso o non si possono inquadrare in un unico filone?
Questa storia del genere mi sta
risultando molto problematica: ogni volta che qualcuno mi chiede a quale genere
appartiene “L’innocenza non esiste”, esito e finisco con il rispondere «Non lo
so!». Può sembrare assurdo, ma è la verità. Diciamo che mi piace passare a mio
piacimento da un genere a un altro, le etichette mi stanno un po’ strette.
Sicuramente questo romanzo è molto diverso da “Alfa privativo”, il mio esordio
letterario di qualche anno fa, ma dipende anche dall’esperienza che ho maturato
tra una pubblicazione e l’altra. Però no, nessun genere preciso, preferisco
continuare a sperimentare all’interno di vari generi narrativi, creare un po’
di sana confusione, scrivere ogni volta qualcosa che il lettore non si
aspetterebbe.
Hai solitamente una scaletta prefissata o ti fai
condurre dalla narrazione?
Parto sempre da una bozza di scaletta, altrimenti rischierei di
perdere il filo e trovarmi a navigare nel buio più assoluto. Questo ovviamente
non significa che quello che avviene durante la narrazione sia statico e
prestabilito, tutt’altro: è sempre tutto in evoluzione, sono i personaggi
stessi e le situazioni a suggerirmi come andare avanti. Spesso mi capita di
scrivere un intero capitolo partendo da una semplice frase, senza sapere di
preciso che cosa succederà prima di passare a quello successivo.
Hai deciso di autopubblicare il tuo ultimo romanzo. La
tua è stata una scelta ponderata oppure ambisci a scrivere ancora per una casa
editrice ma non ne hai avuto l’opportunità? Non deve essere facile dover
occuparsi di tutti gli aspetti di “contorno”: copertina, editing,
impaginazione, stampa…Parlaci della tua esperienza.
Sono sincero, mi sono
rivolto a diverse case editrici prima di passare al self publishing, ma senza
ottenere risposta. Sono consapevole della difficoltà al giorno d’oggi di
ricevere le attenzioni delle CE, ma ammetto di essere rimasto molto deluso dal
silenzio che ha seguito l’invio del romanzo. Di certo spiccare tra le migliaia
di opere che arriveranno ogni giorno nelle redazioni deve essere un po’ come
vincere al Superenalotto. Ho dedicato moltissimo tempo a occuparmi di tutti gli
aspetti che hai elencato: avrò riletto l’intero romanzo all’incirca una decina
di volte per scovare errori, migliorare alcuni passaggi, cancellare e
riscrivere…. Mia madre è stata fondamentale, grazie alla sua lettura in
anteprima del testo mi ha dato molti suggerimenti utili e mi ha fatto notare
errori che altrimenti sarebbero passati inosservati. Per fortuna, poi, per
realizzare la copertina ho ricevuto il preziosissimo aiuto della mia fidanzata,
Alice, che ha saputo scattare la foto perfetta per il libro. Per quanto
riguarda la distribuzione mi sono affidato al servizio KDP di Amazon; è vero,
rende il romanzo un’esclusiva di Amazon, ma se non altro è un metodo gratuito
e, soprattutto, semplice. Voglio poter dedicare il mio tempo alla scrittura,
non a tutti i passaggi tecnici di cui normalmente si occupano altre figure
professionali, e che io non saprei assolutamente gestire da solo.
Ma eventualmente ti contattasse una piccola casa editrice
la prenderesti in considerazione o miri proprio al grande salto?
L’importante è che si tratti di una casa editrice seria e che miri a
realizzare il miglior prodotto possibile. Non accetterei di pubblicare un libro
poco curato solo per il gusto di vedere il marchio di una CE in copertina. C’è
solo una regola che ritengo inviolabile (quantomeno per me): niente case
editrici a pagamento. Se una CE sceglie il mio libro, deve essere perché ci
crede davvero, non perché così può svuotarmi il portafogli.
Quando scrivi deve esserci assoluto silenzio o ti
concentri meglio con una buona base musicale? Scrivi quando riesci o preferisci
un momento particolare della giornata?
Dipende, ma di solito per scrivere preferisco il silenzio. Mi piace
pensare al suono delle parole, e da questo punto di vista la musica può
confondere. Di solito scrivo di sera, appena rientro dal lavoro, ma ogni
momento libero è una buona occasione per scrivere la prossima pagina. Non devo
essere troppo stanco o nervoso, è l’unico limite che mi frena. In quelle
situazioni so che probabilmente dovrei poi riscrivere tutto daccapo il giorno
dopo, e allora preferisco sdraiarmi, leggere un buon libro o guardare qualcosa
in televisione, senza troppi pensieri per la testa.
Ti è capitato di presentare un tuo libro in pubblico?
Preferisci un moderatore che ti pone le domande “giuste” o preferisci lasciar
fare le domande direttamente al pubblico?
Sì, ho partecipato ad un
paio di presentazioni per il mio primo romanzo, una nel mercato comunale del mio
quartiere e l’altra a Milano, in una piccola ma suggestiva libreria del centro.
Nel primo caso c’era una presentatrice, la qual cosa mi ha fatto molto comodo
perché mi ha aiutato a non perdere il filo del discorso, mentre a Milano sono
proprio dovuto andare a ruota libera. Molto, molto più complesso. Però mi piace
rispondere alle domande dei lettori, alla fine è questo che ti fa capire quanto
le persone siano interessate a quel che hai scritto, no? C’è una cosa, invece,
alla quale penso non mi abituerò mai: leggere in pubblico. Devo fare molta
pratica, suppongo.
Che ruolo pensi occuperà la scrittura nella tua vita?
Voglio dire tu sei molto giovane ed hai scritto a mio parere un libro molto
molto valido, dico solo che bisognerebbe proprio leggerlo. Pensi che da qui in
avanti la scrittura avrà un ruolo molto importante nella tua vita oppure
rimarrà “solo” una grande passione. Ambisci
a diventare uno scrittore “vero”?
La vita ha un senso perché siamo in grado di sognare, e la cosa bella
dei sogni è che sono gratis. Sono convinto che non smetterò mai di scrivere, è
qualcosa di cui avverto il bisogno e quando mi siedo al computer mi sento più
libero, più realizzato, cosa che di rado mi accade in altre circostanze.
L’impegno e la passione ci sono, se arriverà anche la fortuna a farmi fare quel
passo in avanti che sto aspettando, allora l’accoglierò con molto piacere.
Passiamo ad analizzare il tuo ultimo libro. Quando lo hai
scritto e cosa ti ha ispirato?
Cavoli, non ricordo neanche più quando ho cominciato a scriverlo! È
passato molto tempo dalla prima stesura alla pubblicazione, davvero tanto.
Direi almeno un paio d’anni, sai, tra la revisione, la ricerca di un editore e
tutto il resto. L’ispirazione, come nella maggior parte delle volte, è arrivata
in maniera improvvisa, ha bussato alla porta e io non ho fatto altro che
aprire. Dall’altra parte della soglia c’era una ragazza, era ammanettata e
sedeva tutta sola in una stanza grigia, asettica, quando è comparsa un’altra
donna e le due hanno cominciato a dialogare. È bastata quell’immagine per farmi
porre una semplice domanda dalla quale è scaturito tutto il resto della storia:
perché quella ragazza si trova in un posto simile? A volte non serve altro,
basta una domanda e il gioco è fatto. In effetti sembra più facile di quel che
è.
Dicci il titolo e raccontaci un po’ la trama, dove è
ambientato, i suoi personaggi principali. Facci venir voglia di leggerlo….
“L’innocenza non esiste”, un titolo che è tutto un programma. La
protagonista è Clara Innocence, una giovane donna che incontriamo per la prima
volta in una stanza del complesso penitenziario di Zenith, là dove si svolgerà
il suo dialogo con la dottoressa Page, perito psichiatrico incaricato dal
tribunale per sondare la sanità mentale di Clara. Perché lei, la nostra bella
protagonista, è stata appena accusata di omicidio, e uno bello efferato per
giunta. Il romanzo si divide quindi in tre parti, ognuna incentrata su un
periodo diverso della vita di Clara, dall’infanzia all’età adulta, fino ad
arrivare al giorno fatidico in cui commette il crimine per il quale è stata
condannata. Il dialogo con la dottoressa funge da collante, rivela alcuni
dettagli e aspetti della personalità di Clara che si ricollegano agli eventi di
cui lei ci racconta. È uno stratagemma bello e buono che ho adottato per caratterizzare
meglio la protagonista e consentirmi salti temporali anche di molti anni tra un
capitolo e l’altro. La storia è ambientata principalmente ad Emerald Falls, una
cittadina di periferia in cui Clara è nata e ha vissuto gran parte della
propria vita. Qui avviene ogni genere di evento nefasto, ma non voglio fare
spoiler; diciamo che non è esattamente il bel borgo di provincia in cui i
vicini si salutano dandosi amichevoli pacche sulle spalle. Proprio per questa
ragione non c’è un solo antagonista, ma penso che uno spicchi su tutti gli
altri per il carisma della sua figura: Floyd Lawton, il temutissimo boss del
crimine di Emerald Falls. E non è solo questo, ma temo che rivelare altro
toglierebbe la sorpresa della lettura. Insomma, c’è di mezzo mistero, azione,
amore, paranormale, e chi più ne ha più ne metta. Dategli una possibilità e, se
proprio non dovesse piacervi, può sempre tornare utile come rialzo per fermare
quella sedia traballante in salotto.
Hai dovuto fare un lavoro di studio degli argomenti trattati
o lo hai ambientato in luoghi e descritto situazioni che conosci bene?
Scrivere spesso necessita di un lavoro di ricerca, poiché è
impensabile parlare soltanto di quello che già conosciamo. Se fosse così, non
esisterebbe la narrativa fantastica, o in generale la fiction, e allora avremmo
le librerie piene di biografie e sarebbe un vero dramma. Quindi sì, faccio
molte ricerche per rendere più realistico ciò che descrivo nei miei testi, e
per fortuna sotto questo aspetto il web è una grande risorsa (la ricerca più
strana? Forse la fattura delle canne dei fucili Winchester, un piccolo
dettaglio per un racconto inedito). Per quanto riguarda le ambientazioni,
invece, preferisco inventarmele di sana pianta: non voglio che qualcuno possa
dire “Ehi, io lì ci sono stato, quel negozio non si trova affatto dove lo ha
messo lo scrittore!”. Mi piace l’idea di poter portare il lettore in un posto
nuovo, uno in cui nessuno è mai stato prima. Ogni storia deve essere un po’
come un nuovo allunaggio.
Secondo te c’è un pubblico specifico per questo libro o
anche chi non è appassionato al genere a cui appartiene può trovarlo
interessante?
Difficile a dirsi, anche per il discorso che facevo prima: non saprei
indicare un genere specifico per questo romanzo, perciò possono davvero valere
tutte le ipotesi. Un lettore di thriller potrebbe trovare certe scelte di trama
discutibili, mentre un lettore di narrativa potrebbe amarlo, oppure viceversa.
Il consiglio che mi sento di dare, a prescindere dal mio romanzo, è di
allargare il più possibile i propri orizzonti e sperimentare, sia come lettori
che come artisti. C’è sempre qualcosa di nuovo e inaspettato che possiamo
scoprire oltre i confini imposti da noi stessi.
Preferisci i finali accomodanti (con aggiunta di
zucchero), dove tutti i cerchi vengono chiusi o spesso lasci qualcosa di non
concluso o poco definito? Ti piacciono i finali spiazzanti ed un po’ cinici o
preferisci il vissero tutti felici e contenti?
Premetto che adoro scrivere i finali. Un finale è un po’ simile a un
addio, quindi puoi caricare l’atmosfera di tutte le emozioni che ti hanno
riempito mentre scrivevi quella storia, ed è davvero bello, è un momento forte
e ricco di pathos. Il finale è una di quelle parti del romanzo che
difficilmente mi è chiara finché non lo raggiungo: all’inizio penso che la
storia potrebbe concludersi in un modo, ma man mano che procede mi rendo conto
che potrebbe ancora cambiare tutto, come se non fossi davvero io a decidere
quello che deve ancora succedere. Per questo non so dire se prediligo un lieto
fine ad un finale tragico, semplicemente penso che debba trattarsi del finale
giusto per quella storia, anche se non va incontro alle aspettative del
lettore. Però i finali aperti, quelli che non chiudono tutte le parentesi e ti
fanno continuare a riflettere e fantasticare anche dopo che hai messo via il
libro, quelli sono impareggiabili.
Facci un piccolo excursus nella tua bibliografia. Hai
pubblicato altri romanzi precedentemente a questo. A quale genere appartengono?
Stai scrivendo qualcosa in questo periodo? Oppure sei già ai dettagli?
Sì, prima di “L’innocenza non esiste” ho pubblicato un altro romanzo,
“Alfa privativo”, nel 2016. Lo definirei un romanzo di narrativa, sicuramente
molto differente da questa mia ultima uscita, più ironico e sperimentale, se
vogliamo, nel senso che si discosta da ciò che mi sono abituato a leggere negli
anni. Credo che la pubblicazione di “Alfa privativo” abbia avuto un vero
effetto trigger su di me, mi ha fatto comprendere quanto davvero sia importante
la scrittura nella mia quotidianità, e per questo gli sono molto affezionato.
Sento di potermi sbilanciare e dare qualche informazione in anteprima per
quanto riguarda le mie prossime uscite. Attualmente sto lavorando ad un paio di
cosette: una raccolta di racconti (ma non una classica antologia, qualcosa di
più interessante per chi ha letto “L’innocenza non esiste”) e un nuovo romanzo,
il primo di una trilogia fantasy un po’ fuori dagli schemi. Ok, temo di non
poter dire altro per il momento, i lavori stanno ancora procedendo a pieno
ritmo!
Prima dei saluti finali mi piacerebbe avere da te
un’opinione del mondo nel quale ti muovi. Ora che anche tu fai parte della
categoria ti chiedo: perché gli scrittori self vengono considerati autori meno
capaci rispetto a quelli che scrivono per le case editrici? Sono io che vedo le
cose in maniera distorta o la pensi anche tu cosi? La scelta di auto pubblicarsi
non dovrebbe essere penalizzante già in partenza, come invece avviene. Posso
dire tranquillamente, per averne letti tanti, che tra gli autori self ci sono
grandi talenti.
Beh, i pregiudizi abbondano
in ogni ambito, quindi non mi stupisce affatto che ve ne siano anche in questo.
È pur vero che, nel self publishing, potenzialmente chiunque è in grado di
pubblicare qualunque cosa, di conseguenza le probabilità di trovare libri di
dubbia o scarsa qualità aumentano. Anche se, purtroppo, vedo che anche le pubblicazioni
delle grandi case editrici non sono esenti da questo rischio; il nuovo
approccio delle CE, in tanti casi più legato alla visibilità che al reale
valore del testo, ha come risultato quello di trovare tra gli scaffali anche
romanzi inconsistenti per il semplice fatto che hanno riscosso successo tra gli
adolescenti su piattaforme in cui ognuno scrive quel che vuole in ogni momento,
spesso con scarso rispetto della punteggiatura e della grammatica italiana in
generale. Ovviamente non voglio fare di tutta l’erba un fascio, ma la
situazione attuale del mercato editoriale in Italia non è molto incoraggiante.
Sarebbe bello che qualche talent scout indagasse ogni tanto tra i romanzi
autoprodotti, magari troverebbe qualcosa di buono da portare all’attenzione di
chi, quei libri, poi sarebbe davvero in grado di farli diventare dei
best-seller. Io, dal canto mio, non sono mai stato bravo a farmi da manager.
Ti ringrazio della bella chiacchierata, ti auguro tanta
fortuna e spero che non si affievolisca mai la tua voglia di scrivere perché
sei veramente bravo. Se ritieni puoi aggiungere qualcosa che magari ritieni
importante far sapere ai lettori….
Sono io a doverti ringraziare per avermi offerto questa bella
opportunità, te ne sono grato. Vorrei più che altro lasciare un messaggio per
coloro che hanno letto “L’innocenza non esiste”, o che hanno intenzione di
farlo in un prossimo futuro: GRAZIE, perché senza di voi questo romanzo non
sarebbe altro che un mucchio di parole relegato in un angolino del mio
computer. Io, da parte mia, cercherò di non deludere le aspettative con tutto
quello che ancora è da venire.
Di nuovo grazie. Complimenti e a presto.
Consenso trattamento dati personali
Nota bene: Rispondendo alle domande di questa intervista viene
dato il consenso alla sua pubblicazione sul blog Un libro di emozioni e sui
social ad esso legati.
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