La felicità domestica - Lev Tolstoj
Recensione a cura di Miriam Donati
La felicità domestica di Lev Nicolaevic Tolstoj, scritto a Jasnaja Poljana nel 1859, è uno dei primi romanzi di Tolstoj e anticipa nel personaggio di Masha quell’irrequietezza emotiva che saranno tipiche di Anna Karenina nel romanzo omonimo e della Bezuchova in Guerra e Pace.
Un’irrequietezza
che è voglia di cambiamento e di distrazione, a volte un po’ futile, a volte
profonda come voglia di libertà. Irrequietezza che si scontra di solito con la
posa tranquilla dei personaggi maschili, riservati, orgogliosi, distaccati
perfino, nei confronti delle donne.
La
stessa irrequietezza, quando appartenente al genere maschile, viene di solito
giustificata come tipica espressione della giovane età che con la maturità
diventa solo un ricordo, mentre non viene perdonata alle giovani donne.
Nel
finale addirittura la protagonista rimprovera il marito per non averle impedito
di essere libera nei comportamenti. Un punto di vista dell’autore squisitamente
maschile, maschilista e patriarcale. Del resto Tolstoj visse la propria storia
matrimoniale con la moglie Sofia tra alterne fortune, tra attrazione e litigi,
fino a una fuga, mai indagata del tutto, a 83 anni, e alla morte nella piccola
stazione di Astapovo, senza rivedere la consorte mentre era ancora cosciente.
Archiviato
il suo maschilismo, resta il fatto che Tolstoj è un grandissimo scrittore sia
nelle descrizioni, sia nell’indagine psicologica dei personaggi e qui a una
delle sue prime prove già dimostra la sua grandezza affrontando il tema dei
rapporti coniugali mettendone in luce fragilità e contraddizioni con finezza e
con un titolo provocatorio che è quasi un ossimoro.
Forse
è l’unica volta in cui Tolstoj parla in prima persona con una voce femminile.
Nella
prima parte Masha, una ragazza diciassettenne, rimasta orfana, si innamora del
proprio tutore trentaseienne Sergei Mihailovic, che vede come suo protettore,
mentre lui, più esperto e sicuro dei propri sentimenti, nonostante le remore
per la giovane età e per la mancanza di esperienza della ragazza che potrebbero
portare a rapidi cambi di prospettiva vista la rinuncia prematura ai piaceri
della giovinezza, alla fine si lascia trascinare dal sentimento.
Si
sposano e vivono per il primo anno in campagna nella villa della madre di lui
trascorrendo un periodo idilliaco.
Nella
seconda parte la relazione si deteriora dopo il trasferimento della coppia a
Pietroburgo a causa dell’insoddisfazione e dell’inquietudine della protagonista
che si sente isolata e poco gratificata dalla vita controllata e poco vivace
della campagna. In città diventa protagonista della vita mondana, ammirata dai
corteggiatori, rasenta la possibilità di tradimento, si rende conto della
frivola inconsistenza abbracciata negli ultimi tempi e chiede pentita di
tornare in campagna al marito che, nel frattempo, l’ha lasciata provare questa
esperienza di libertà raffreddando a sua volta la propria passione.
La
coppia non tornerà quella di un tempo, i sentimenti si sono evoluti in un
pacato assestamento, una felicità domestica, appunto. La trasformazione del
sentimento amoroso è raccontata attraverso il confronto con la maturità acquisita
lasciando però nel lettore un retrogusto amaro.
La
tensione tra desiderio di stabilità e desiderio di libertà trova una sintesi
nel riconoscimento che la felicità coniugale non è data una volta per tutte ma
richiede costante adattamento e consapevolezza sia delle proprie pulsioni, sia
di una ricerca di equilibrio nell’esplicitarle e convogliarle nell’alveo di
coppia.
Lo
stile espressivo di Tolstoj è straordinario, le sue descrizioni della natura sono
da manuale e assurgono a simboli della malinconia e della nostalgia come nessun
altro ha fatto.
Genere
Narrativa
Anno di pubblicazione 1859
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