La solitudine dei numeri primi - Paolo Giordano
recensione a cura di Patrizia Zara
Quanto è importante il titolo per il successo di un libro? Molto, soprattutto
quanto la combinazione riesce a penetrare nell'inconscio colpendo la parte più
sensibile e narcisistica di ognuno di noi.
L'accostamento della parola "solitudine", già di per sé
romanticamente malinconica, fluida e laconica, con i "numeri primi",
numeri speciali divisibili solo con se stessi, fondamentali nei processi
matematici, risulta vincente e, insieme allo sguardo grande, enigmatico e
inquietante della foto di copertina, sembra già preludere la grandezza di un
romanzo dotato di tutti i crismi della sofferenza interiore.
Chi non ha mai provato il senso della più profonda solitudine
nell'incomunicabilità, nella mancanza di condivisione, il senso del vuoto, del
dolore indivisibile? Chi non ha mai avvertito quel senso di estraneità,
ergendosi a dio dell'Olimpo nel vagare sospeso in un mondo di comuni mortali
etichettati in anonimi cliché?
Il libro di Giordano è la solitudine di tutti noi confusi nell'ammasso di
numeri che si rincorrono e si ammucchiano in un groviglio esasperato. Sebbene,
nella presunzione di essere speciali, pochi in realtà sono, poi, in definitiva,
quelle teste e quei cuori che risultano inconciliabili con la massa, appunto
"numeri primi".
Il romanzo di Giordano fa leva sul lettore, quest'ultimo scioccato dal fatto di
sentire e dividere il dolore dei due protagonisti, Alice e Mattia, struggenti
esseri romantici, calpestati dalla società, stritolati dalle masse, dai
desideri altrui e dai sensi di colpa .
Personaggi che risultano comunque aridi, spettrali, i quali malgrado non
riescono a lenire le ferite di un'infanzia segnata da tragedie irreversibili
non si piegano a cercare compassione e perdono, anzi velando la loro esistenza
con un atteggiamento sterile e svuotato di umana pietà.
Simili nel percorso formativo, i due personaggi s'incontrano dal richiamo di
un' eco speciale, si scrutano, specchiandosi con l'aridità della sofferenza. Si
riconoscono, tentano di unirsi nel gioco matematico della condivisione, ma si
accorgono che ognuno può dividere soltanto con il proprio io il senso della
vita sino a questo punto raggiunta. Non si tratta di far scoccare la scintilla
di un distratto Cupido per creare una banale love story, è soltanto la certezza
matematica che un numero primo non può essere né divisore né dividendo di un
altro.
Così i due protagonisti diventati adulti si ricompongono nelle loro caselle
speciali separati inevitabilmente proprio dal fatto di essere entità speciali,
gemelli, fondamentali soltanto in un processo composto di numeri scomponibili e
divisibili.
Alice, volutamente storpia per sfuggire alla tirannia paterna, Mattia macchiato
dalla colpa nell'aver abbandonato la sorella disabile: due percorsi, due vite,
un' unica anima numerabile con due distinti numeri primi.
Scritto con la leggerezza della poesia, sembra che le pagine scorrono placide
lungo un tortuoso percorso fluviale, estremamente dolce, senza mai raggiungere
la foce in quell'impeto di getto che giunge in un mare, estremamente salato.
"Succede nei film e succede nella realtà, tutti i giorni. La gente si
prende quello che vuole, si aggrappava alle coincidenze, quelle poche, e ci
tira su un’esistenza"
genere: narrativa
anno dipubblicazione: 2008
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