giovedì 20 giugno 2024

BAUMGARTNER

 




Baumgartner - Paul Auster

Recensione di Miriam Donati

 

"Quando muore qualcuno che è centrale nella tua vita, muore anche una parte di te. Non è semplice, non lo superi mai, impari solo a conviverci. Ma qualcosa ti viene strappato via, e nel libro volevo esplorare tutto questo. In Baumgartner, rifletto a lungo sulla sindrome dell’arto fantasma, descrivendolo come 'un moncone umano' anche se 'gli arti mancanti' sono ancora lì, e fanno ancora male, così tanto che a volte hai la sensazione che il tuo corpo stia per prendere fuoco e bruciare all'istante”.

Parte da questa considerazione Auster per raccontarci la mancanza dell’altro. Il libro doveva intitolarsi “Phantom limb” l’arto tagliato appunto, la spiegazione di come le persone amate scomparse – Anna, la moglie del protagonista del romanzo e figlio e nipote dello scrittore – continuino, nonostante non esistano più, a essere percepite dolorosamente presenti col ricordo. Il passo successivo però è riuscire a farne a meno proprio per far cessare lo strazio.

"Bisogna però pensare all'amore come a una specie di albero o di pianta. E se alcune parti appassiscono, devi tagliare un ramo per sostenere la crescita complessiva dell’organismo. Se ti fissi nel mantenerlo esattamente com'era, un giorno morirà davanti ai tuoi occhi".

Ci si affeziona subito al protagonista Seymour Baumgartner per la sua gentilezza, per la sua goffaggine, per l’attenzione che ha verso gli altri, per la capacità di meravigliarsi ancora e per quel suo essere in qualche modo riconoscente per quello che ha ricevuto e che riceve.

Per non soffrire troppo della perdita della moglie più che vivere, sopravvive, vegeta, né felice, né infelice. Non ha figli, ma si intuisce il suo desiderio di paternità dal comportamento usato al telefono con la figlioletta della colf agitata a causa di un incidente domestico capitato al padre e con il garbato giovanotto dell’azienda di servizio territoriale, letturista del contatore, che lo cura dopo una rovinosa caduta per le scale della cantina.

Quando Anna compare al suo inconscio chiedendogli di lasciarla andare, di accettare la sua scomparsa e di procedere da solo, riprende in mano pian piano le redini della sua vita.

L’amore che dura una vita scrutato dall’autore con un lungo sguardo tenero, indagante e indugiante è il tema principale del libro, ma non solo, c’è dolore, radici, solitudine, la percezione di sé e degli altri, il potere del linguaggio e della parola e soprattutto delle relazioni, le semplici relazioni quotidiane.

Auster, in poche pagine, con una scrittura pacata, riflessiva, senza eccessi, salvo far emergere, a volte, un vocabolo insolito e dirompente, inserisce storie nella storia, sottostorie di sottostorie, divaga, fa perdere il lettore in passaggi laterali fino ad arrivare a un finale che dice: “si apre il capitolo finale della saga di S. Baumgartner.” E la pagina successiva…

Lascio al lettore scoprire l’imprevisto perché gli imprevisti sono sempre i protagonisti dei suoi romanzi e questo suo ultimo non si smentisce anche se è soprattutto un’elegia e un commiato in punta di piedi, da par suo.

 

Genere Narrativa

Anno di pubblicazione 2023


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