Cuore nero - Silvia Avallone -
recensione a cura di Carmen Nolasco
Emilia
è un personaggio tormentato, forse troppo caratterizzato, ma prende. La storia
si snoda come in un film per la capacità di Silvia Avallone di saper creare
immagini con le parole. In alcuni tratti la descrizione dei luoghi è
incredibilmente vivida e realistica, ci sono frasi intere di audace bellezza.
I
temi trattati sono importanti: il dolore, la colpa, il perdono. La solitudine.
Il carcere minorile, l’adolescenza, l’amore. Il male. Sono molteplici anche i
personaggi: Riccardo, il padre di Emilia; Bruno il co-protagonista che di lei
si innamora; Basilio, l’artista; Marta, l’amica; e tanti altri.
A
caldo posso dire che è una storia che turba, cupa e inquietante, con enormi
potenzialità − inesplose − e spunti di riflessione. Una storia così forte che
mi ha fatto chiudere un occhio sulla scrittura – debole in questo libro − di
Avallone. Basta questo a definire buono un romanzo? Basta che sia memorabile?
Se la risposta è sì, allora questo romanzo è davvero buono.
Eppure.
Eppure
mi è sembrato un romanzo bipolare, con due penne e due anime: interi periodi e
descrizioni singolari e di grande impatto associati a banalità stucchevoli e
adolescenziali. Costruzioni salde e mature e poi pagine balbettanti piene di ovvietà
e di strutture incerte.
Non
mi è piaciuto il registro linguistico gergale, mi è parso, in alcuni tratti,
una forzatura, ma probabilmente è una questione di gusto; a mio parere ha tolto
bellezza e magia alla narrazione. L’uso gergale − e volgare − del linguaggio è
certamente funzionale alla storia che si vuole raccontare, ma dovrebbe essere
sciolto, ben dosato e soprattutto calibrato sui personaggi; a tratti Bruno ed
Emilia paiono la stessa persona, con lo stesso identico modo di esprimersi e
questo non può essere: Bruno è un insegnante colto e vive tra i libri, Emilia
ha un profilo decisamente più basso.
Altra
forzatura l’ho colta nella ricerca stilistica quasi ansiosa, nell’uso teatrale
di aggettivi e metafore: le lentiggini crepitanti, il crinale illibato e tanto
altro; accostamenti ricercati, goffi e inverosimili.
L’uso
del “punto di vista” – che è quello di Bruno, io narrante – è confuso fin
dall’inizio ed è paradossale in molte porzioni di testo. Sono la prima a dire
che la scrittura è creatività, che non esistono regole e tutto può essere
inventato, tuttavia ci deve essere una coerenza che faccia da collante e io qui
non l’ho trovata. Ho avuto la
sensazione, piuttosto, che il punto di vista sia stato corretto a posteriori
entrando a gamba tesa con gli accorgimenti tipici della revisione editoriale,
cosa che giustificherebbe anche quella sensazione di due penne differenti.
In
ultimo, ecco il mio parere sul tema di fondo: la colpa. Esprimo, con
quest’analisi, una valutazione assolutamente personale come lettrice sui
contenuti e i messaggi che ogni narrazione veicola.
La
colpa efferata di Emilia viene trattata, secondo me, in maniera non adeguata
facendo barcollare il patto di sospensione dell’incredulità. La colpa viene
affrontata senza quella necessaria e positiva elevazione dell'anima. Non c'è
una vera redenzione, il pentimento − e di conseguenza il perdono altrui − non è
inquadrato con risoluzione nell'alveo dell'atroce consapevolezza del male
commesso, non è cioè rappresentato con adeguata declinazione psicologica, con
la sofferenza per la mera crudeltà dell’atto, si snoda piuttosto nel dramma del
pregiudizio sociale e del senso di colpa attraverso una ricostruzione accorata,
e dunque inverosimile, dei "realmente futili" motivi. Una questione
così profondamente delicata e introspettiva avrebbe dovuto essere trattata con maggiore
complessità, con un’articolazione più raffinata, di certo meno stereotipata, soprattutto
considerando che la voce narrante è quella di Bruno. Anche se è da riconoscere alla Vallone la
bravura di aver portato alla luce un tema sociale così importante.
Una
curiosità: Cuore nero mi ha ricordato la trama del film “Il papà di Giovanna”,
film diretto da Pupi Avati e tratto dal suo omonimo romanzo. Ho visto una
somiglianza anche fisica tra l’Emilia che ho immaginato durante la lettura e la
bravissima attrice Alba Rohrwacher.
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2024
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