L'isola dei femminielli - Aldo Simeone -
recensione a cura di Rossella Lombardi
Questa è una
storia vera tutta italiana, del periodo fascista, sconosciuta a molti, a me per
prima, che l’autore coraggiosamente porta alla luce, dando voce a personaggi
realmente vissuti; i fatti raccontati naturalmente risentono poi in parte della
finzione narrativa.
Dell’arcipelago
delle Tremiti fanno parte due piccole isole : l’isola di San Nicola , che nel
1937 fu destinata dal governo fascista alla detenzione/confino dei
rivoluzionari, degli anarchici e degli oppositori politici ( Sandro Pertini fu
uno di questi) e l’ isola di San Domino che accolse in quegli anni i “ pederasti”, colpevoli di “ attentato
alla moralità pubblica e alla sanità della stirpe”. Nel 1938 gli
omosessuali venivano perciò lì mandati al confino per cinque anni, rinchiusi
sull’ isola in due grandi camerate di cemento armato, freddissime in inverno e
caldissime in estate. Nel 1939, anno in cui si svolge la storia narrata da
Simeoni, gli ospiti erano circa novanta, in gran parte siciliani e campani.
L’isola venne perciò chiamata in modo dialettale (napoletano)e dispregiativo “ dei
femminielli”, riferendosi a uomini con atteggiamenti affemminati o “degli arrusi” (siciliano) indicando
gli omosessuali passivi.
I personaggi
principali, presentati nella storia, non
hanno nomi propri ma solo soprannomi
(spesso dialettali) che ne sottolineano le caratteristiche peculiari: Sticchina, Picciridda, Placidina,
Leonessa, Professore, Francesina…questo
forse per voler prendere le distanze dalle vite e dalle storie
precedenti; quasi per voler indicare una
vera rinascita su quell’isola. Lì
ciascuno trova una comunità, quasi una famiglia, all’interno della quale poter
essere finalmente se stesso. Certamente non mancano litigi, gelosie, storie
d’amore, rivalità, capricci…forse come in tutte le grandi famiglie; lì viene
sperimentata la condivisione di un disagio, di una sofferenza, del furto della
propria dignità e del riconoscimento
sociale ma anche la consapevolezza di essere dai compagni accettati e, in
alcuni casi, protetti.
Il gruppo
degli arrusi deve anche fare i conti con
l’ indifferenza e spesso il disprezzo degli abitanti del villaggio presente
sull’isola, soprattutto dei giovani, ma anche delle guardie carcerarie che spesso approfittano del loro potere, in
cambio di segrete prestazioni sessuali.
Ciascuno e
tutti insieme vivono un’esperienza di presa di coscienza della propria
identità, come un’iniziazione; così parlano di sé: “Se lorsignori ritengono
che noi costituiamo un pericolo per lo
stato, che ci curino, invece di punirci
per un difetto alla nascita di cui sono colpevoli Dio e le nostre mamme…..Noi
non siamo tutti arrusi, né tutti alla stessa maniera. E’ quello che vogliono
farci credere gli altri: essere uguali fra noi e diversi da loro. Ma invece no,
noi siamo tutti diversi!.... Noi dobbiamo pensare al futuro, a quando usciremo
di qua, a chi vogliamo essere e cosa vogliamo fare ……Abbiamo bisogno di voler
bene a qualcuno, si può fare a meno dell’ amore ma non di amare “
Nel 1940 il
carcere è diventato necessario per i
prigionieri di guerra, così gli omosessuali vengono quasi tutti rilasciati e rimandati
a casa (o in guerra),dove dovranno da soli ricostruirsi una vita.
Questo libro
mi ha molto emozionata e coinvolta, portandomi ad empatizzare con ciascuno dei
personaggi. La scrittura è delicata, malinconica, a tratti anche ironica. La
struttura della narrazione è lineare ed
il ritmo adeguato ed incalzante.
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2024
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