giovedì 7 marzo 2024

LA FIGLIA UNICA




 


La figlia unica - Guadalupe Nettel

 Recensione di Miriam Donati


Due ventenni che si sono conosciute a Parigi tornano in Messico avendo maturato una coscienza femminista. Entrambe rifiutano la maternità. Laura sta per finire una tesi di dottorato mentre Alina che ha conosciuto nel frattempo Aurelio, cambia idea e rimane incinta. Sembra che tutto proceda per il meglio e invece una ecografia rivela che la bambina ha una malformazione e probabilmente non sopravvivrà al parto. È Laura a raccontare il percorso della coppia e la nascita di Ines, racconterà anche di se stessa e della vicina Doris alle prese con un figlio adorabile ma difficile da gestire.

La storia della maternità di Alina si ispira alla difficile esperienza di un’amica dell’autrice e, come si evince dalla dedica, il libro intende essere un omaggio legando così scrittura e vita.

La scrittura della Nettel è asciutta, intensa, apparentemente semplice e questa semplicità diventa un bisturi affilato che tocca i nervi scoperti legati all’idea di maternità declinata nel libro in ogni aspetto con spirito critico esaminando le scelte più intime delle donne.

La maternità è vista come desiderio, come status da conquistare, come rifiuto consapevole, come ostacolo alla carriera, come contrapposizione nella relazione di coppia, ma anche come rivelazione della parte autentica di sé e delle relazioni. La Nettel pone domande inaspettate e difficili, quelle che molte donne e madri non osano nemmeno pensare. Dà risposte autentiche, empatiche, talvolta spietate, però non in modo assoluto, mai giudicanti, fornendo modelli alternativi attraverso un coro di voci femminili che hanno fede nella vita, una fede laica, che, da lettrice, è impossibile non cogliere.

La maternità è una condizione così intima e composita, così incognita, così piena di luci e ombre che ogni situazione è degna di riguardo e considerazione; nessuno può giudicare, nessuno può decidere cosa sia giusto per una donna se non quello che decide per se stessa.

Tutti i personaggi femminili, ciascuno con le proprie esperienze, le proprie esigenze e desideri, ma anche difetti e timori, costruiscono senza rendersene conto una rete di mutuo soccorso senza esserne obbligate.

Questo libro non parla solo e soltanto di maternità in senso stretto, piuttosto allarga a un “prendersi cura” dimostrando che si può amare e accudire anche chi non è sangue del proprio sangue.

La Nettel esorta a cancellare le categorie definite e utilizzare la similitudine con il mondo animale. I due piccioni che hanno scelto di nidificare sul terrazzo di Laura, probabili vittime consapevoli di quello che è chiamato scientificamente “parassitismo di cova”, non temono di affrontare una maternità non biologica e si uniscono a formare una famiglia e diventano con il loro figlio/non figlio cuculo il simbolo di tutte le possibili maternità.

Quante volte in passato i bambini sono stati allattati, nutriti, accuditi e cresciuti da donne che non li avevano partoriti, pertanto, non si possono accettare limiti all’amore.

L’aggettivo unica, abbinato alla figlia del titolo farebbe immediatamente pensare al fatto di essere una sola figlia per una coppia di genitori, qui invece unica ha un altro significato. Indica il rapporto madre-figlia il cui vincolo è unico. In tal senso è la singolarità di Inés figlia e l’esperienza della maternità che fa Alina diventano metafora di quello che è forse il motivo principale del romanzo, ossia l’unicità delle relazioni, motivo che accende anche il rapporto che nasce tra Laura e il piccolo Nicolas, figlio problematico di Doris, sua vicina di casa, e di cui la giovane inizia a prendersi cura a modo suo. Unicità che mette in risalto tutto ciò che non è normativo, conosciuto e rassicurante, ma piuttosto dissonante, diverso e pur sempre dotato di una sua bellezza.

Non c’è un finale rassicurante, bensì tante storie sospese in perenne divenire e in contraddizione: Alina e Doris, madri che amano i propri figli, ma, per motivi differenti, sentono il peso schiacciante della maternità; Laura invece, quando incontra Nicolas, deve ricontrattare con se stessa il rifiuto di maternità e il rifiuto verso la madre; madre che, dopo aver difeso bellezza e importanza della maternità con la figlia, rivela quasi in sordina, trattarsi di “una stanchezza irrimediabile”;  l’arrivo di una fin troppo premurosa tata costringe Alina ed Aurelio a ripensare il loro rapporto genitoriale e di coppia; Doris deve combattere con la violenza del figlio dopo aver subito quella del padre, ma soprattutto contro la sua depressione e instaura un’amicizia che prenderà pieghe inaspettate con Laura.

La coralità di situazioni si intravvede anche nell’Alveare, collettivo femminista pensato come spazio di incontro e condivisione femminile con il Messico sullo sfondo, perennemente in lotta con le sue tante anime. Un paese che ancora non assicura la pienezza di diritti alle proprie donne, dove si ha paura di uscire per strada in certi orari e le donne muoiono senza che si parli di femminicidio.

 Genere: Narrativa

 Anno di pubblicazione: 2020 

 

Nessun commento:

Posta un commento