Donnaregina – Teresa Ciabatti –
recensione a cura di Alice Bassoli
Non è solo la storia di un boss: è piuttosto il tentativo di
Teresa Ciabatti di mostrare che il male è umano e che raccontarlo significa
confrontarsi con la propria umanità.
L’intervista si trasforma in una relazione narrativa più
ampia: Misso non è raccontato solo come boss, ma come uomo con fragilità: ama i
colombi, crede negli UFO, ha una madre da cui non riesce a separarsi, vive
ricordi familiari, e ha un figlio gay (la questione della sessualità nelle
famiglie mafiose è centrale).
Parallelamente, la protagonista-autrice vive la sua lotta
personale: con sé stessa, con la madre, con la figlia adolescente, con le sue
paure, i sensi di inadeguatezza, i ricordi, la scrittura. Il viaggio non è solo
verso la comprensione del boss ma anche verso la comprensione del proprio ruolo
come madre, figlia, donna che scrive.
Il romanzo non è reportage puro, ma mescola biografia,
autobiografia, finzione, confessione. Ciabatti riflette sul proprio sguardo, su
quanto può essere “incontaminato”, e su come il narrare sia anche
manipolare.
La convivenza di stili (cronaca, biografia, autofiction)
potrebbe non piacere a tutti: chi cerca un romanzo “nera pura”, o una biografia
rigorosa, potrebbe restare un po’ deluso.
Ancora una volta l’autrice e’ fedele al suo stile
confessionale, febbrle e spietatamente lucido.
La scrittura è frammentata, sincopata, segnata da frasi
brevi e taglienti: uno stile che restituisce il flusso disordinato dei
pensieri, il continuo oscillare tra confessione privata e riflessione sociale.
La voce narrante è senza filtri, a tratti disturbante, perché mette in scena
ciò che spesso rimane nascosto.
Meraviglioso.
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2025
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