La caduta, cronache della fine del fascismo - Ezio Mauro -
recensione a cura di Daria Lucca
Per quanto riguarda i saggi, di solito scelgo gli argomenti
e non gli autori. E quando mi sono imbattuta ne “La caduta” di Ezio Mauro l’ho
preso al volo perché mi sono resa conto che dei fatti accaduti in questo paese
il 25 luglio 1943 non sapevo quasi nulla, nonostante la storia sia una delle
mie passioni. Però lì, in effetti, mi riconoscevo un buco. Certo, so che è il
giorno in cui Mussolini viene scaricato dal Gran Consiglio del partito
fascista, ma poco altro. Oltretutto, mi son detta, Ezio Mauro, ex direttore di
Repubblica, ex corrispondente della Stampa a Mosca, sa scrivere. Cioè, sa
comunicare bene (confermo, dopo la lettura).
Il libro è una sorta di diario degli eventi che vanno dai
giorni immediatamente precedenti quel 25 luglio (di cui nel ’23 ricorreva l’ottantennale)
all’8 settembre. Raccontato in modo brillante, con largo uso dei documenti
storici, ma non solo quelli che ti aspetti, tipo lo stringato annuncio regale
delle dimissioni del duce. Ci sono tantissimi agganci alla cronaca dell’epoca,
che qualcuno dei lettori più anziani ricorderà dalle memorie dei genitori e dei
nonni. Ma quelli che mi hanno colpito
di più sono, ad esempio, le trascrizioni delle telefonate intercettate dagli
spioni di stato che tutte le mattine venivano consegnate, sulla mega scrivania
nello studio di palazzo Venezia (sì, quello con il balcone), al comandante
supremo delle forze armate italiane.
Anzi, no. Quella carica lui non l’ha mai ottenuta. Vittorio
Emanuele ha sempre fatto resistenza (l’unica resistenza, perché non ha
resistito quando ha firmato le leggi razziali, quando ha taciuto sul delitto
Matteotti) a consegnargliela.
A me è sembrato che il saggio racconti appunto due persone:
il capo del fascismo e il monarca, la coppia al comando del paese per vent’anni.
L’uno che rifiuta di prendere atto che la guerra è persa, gli alpini sono stati
decimati in Russia, i fanti sono prigionieri in Africa (proprio ieri,
passeggiando, un signore con cucciolo ci raccontava del padre rimasto due anni
nel campo di prigionia inglese in Kenya) , gli americani sono sbarcati in Sicilia,
e insiste provocando la sfiducia del suo stesso partito; l’altro che non trova
di meglio che incaricare un generale già discusso dopo Caporetto, Pietro
Badoglio, che non si decide a firmare l’armistizio lasciando le forze armate
senza ordini precisi, concedendo tempo ai tedeschi per occupare l’Italia,
perdendo la faccia e il futuro della monarchia di fronte ai suoi concittadini.
E’ il racconto di una disfatta, reso vivido da una scrittura
battente e ricca. Il cui punto di drammaticità massima, per me torinese e
repubblicana, è la scena in cui il corteo reale ormai avviato verso Brindisi
(vergogna nazionale) si ferma per una pausa, il principe ereditario Umberto si
avvicina all’auto del padre e gli dice “Io torno indietro“, ultimo sussulto d’orgoglio
di una dinastia al tramonto e il re gli risponde. In dialetto: «S’at piju,
at masu». Serve la traduzione? Se fossi un professore di storia delle
superiori, lo darei da portare all’esame di maturità.
genere: saggio
anno di pubblicazione: 2023
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