E l'eco rispose - Khaled Hosseini
recensione a cura di Patrizia Zara
Se non avessi letto "Il cacciatore di aquiloni" e “Mille
splendidi soli", capolavori assoluti di emozioni, avrei considerato la
lettura di questo terzo libro di Hosseini come un romanzo di esordio dalle
grandi potenzialità. Tutto qua.
Ma conoscendo la scrittura toccante ed estremamente emozionante dei primi due
libri dell'autore, "E l'eco rispose " è un romanzo che può, dopo la
lettura, essere tranquillamente regalato o venduto nelle bancarelle di
quartiere.
Niente, non rimane niente. Qualche frasetta d'effetto e nulla più.
Un'accozzaglia di personaggi disarmonici che si aggirano in eventi senza
cadenza ritmica e flashback disorientativi, confusionari e inutili.
Manca di intensità, di pathos, e spesso la scrittura risulta affettata da
un'immaginazione forzata e da emozioni a comando al fine di suscitare una
lacrimazione facile, facile. Storie narrate con una crudezza giornalistica
senza coinvolgimento emotivo.
Mi chiedo perché? Perché soffermarsi su una quantità di personaggi che
sarebbero dovuti servire soltanto da contorno nella storia dei due protagonisti
e che invece diventano a sua volta protagonisti di storie a sé stanti? Bastava
sviluppare la storia iniziale di Abdullah e Pari, fratello e sorella separati
in giovane età bruscamente dalla miseria e dalla prepotenza, entrare nella loro
quotidianità, nelle loro anime, nei loro cuori, lungo gli anni di separazione.
Invece tutto questo spezzare fili per poi ricucirli malamente non mi ha
permesso di affezionarmi ai personaggi, che risultano sfuggevoli palline da
ping pong impazzite nel tempo e nello spazio.
Vi confesso che ho apprezzato soltanto la prima (strepitosa) e l'ultima parte
del romanzo, tutto il resto è solo una brodaglia insapore allungata con acqua:
frasi stilizzate, cliché di sensi colpa, insoddisfazioni giovanili, fughe,
tradizioni, superstizioni, miseria e ricchezza, guerra e pace, diversità e
normalità etc.…Storie a sé stanti legate debolmente dove i lettori sono
costretti a una gincana mentale snervante e noiosa addirittura a tratti
irritante.
E anche l'ambientazione sfuma tra le nebbie del troppo: Kabul diventa un
puntino nero e niente più.
Quando è così, mi chiedo perché, perché bruciare tutto così in una volta.
E sebbene stilisticamente il libro è caratterizzato da un linguaggio chiaro la
trama, mi ripeto, risulta ridondante e farraginosa e i contenuti non riescono
ad entusiasmare ed avvolgere, tanto da risultare un'eco distorta di quei
sentimenti genuini, dolorosi e rabbiosi - sino ad arrivare a turbarti
sino alle viscere - dei due libri precedenti.
“Malgrado le difficoltà insormontabili, tutti noi aspettiamo sempre che succeda
qualcosa di straordinario”
genere: narrativa
anno di pubblicazione: 2015
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